IL DOCENTE DELLA SCUOLA A TEMPO DETERMINATO HA DIRITTO AL COMPUTO DELL’ANZIANITÀ NEGLI STESSI TERMINI DEL DOCENTE DI RUOLO. AI FINI DEL CALCOLO DELLE DIFFERENZE RETRIBUTIVE DEVE CONSIDERARSI ANNO DI SERVIZIO QUELLO PARI A 180 GIORNI OPPURE IL SERVIZIO PRESTATO ININTERROTTAMENTE DAL 1° FEBBRAIO FINO AL TERMINE DELLE OPERAZIONI DI SCRUTINIO FINALE.
Dipendente a tempo determinato – Docente – Diritto ad un trattamento non deteriore rispetto al dipendente a tempo indeterminato – Diritto al computo dell’an-zianità negli stessi termini – Applicazione art. 489 D. Lgs. 297/1994.
Nota a sentenza Tribunale di Pistoia, Sez. Lavoro, Sentenza 03/10/2019, n. 472, estensore Dott. E.V.
Il Tribunale di Pistoia, Sez. Lavoro, con la Sentenza 3 ottobre 2019, n. 472, nell’ambito di un ricorso proposto da alcuni docenti della Scuola che avevano invocato l’illegittima reiterazione contrattuale e chiesto il riconoscimento dell’anzianità maturata durante i rapporti di lavoro a tempo determinato, si è espresso anche sul quantum del riconosci-mento del servizio. Per il Giudice del Lavoro, ai fini del calcolo delle differenze retributive, deve tenersi conto dei periodi effettivamente lavorati, considerandosi anno di servizio quello pari a 180 giorni oppure il servizio prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale. Il dictum del Tribunale toscano trova riscontro nella giurisprudenza della Suprema Corte, intervenuta in tema di ricostruzione di carriera del dipendente a termine successivamente immesso in ruolo. In tale materia, la Corte di Cassazione ha sviluppato quanto affermato dalla nota Sentenza “Motter” della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con riferimento alla conformità al diritto comunitario della norma nazionale che dispone una decurtazione dell’anzianità del docente della scuola a termine nel momento in cui transita in ruolo. In applicazione del principio enunciato dalla Corte sovranazionale, la Sentenza Cassazione Lavoro 31149/19 ha ritenuto opportuno affermare come, allorché si invochi l’illegittimità della decurtazione di anzianità in sede ricostruzione di carriera, occorra effettuare un raffronto fra “servizio riconosciuto ai sensi dell’art. 485 T.U.” (cioè decurtato di un terzo sull’eccedenza rispetto ai primi quattro anni) e “servizio effettivo svolto” (in sostanza: concretamente prestato). Nel caso in cui il servizio “riconosciuto” sia minore di quello “effettivo”, allora il dipendente sarà stato illegittimamente penalizzato ed avrà diritto ad una nuova ricostruzione di carriera. Enunciato il canone che consente di distinguere la decurtazione legittima da quella illegittima, una volta verificata la ricorrenza della seconda, si tratta di stabilire in che misura il dipendente ingiustamente penalizzato abbia diritto ad una nuova ricostruzione di carriera. Sul quantum del riconoscimento la Corte di Cassazione, pur in una fattispecie parzialmente diversa (si verteva appunto in materia di ricostruzione di carriera), sembra aver operato una valutazione analoga a quella del Tribunale di Pistoia: “c) l’anzianità da riconoscere ad ogni effetto al docente assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, in caso di disapplicazione del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 485, deve essere computata sulla base dei medesimi criteri che valgono per l’assunto a tempo indeterminato”. Pertanto, allorché si disapplichi l’art. 485 D. Lgs. 297/94, l’anzianità da riconoscere al dipendente a termine è quella che si sarebbe riconosciuta al dipendente di ruolo. E poiché per il dipendente di ruolo vale la regola dei 180 giorni (o del servizio prestato ininterrottamente dal primo febbraio al termine delle attività) di cui all’art. 489 D.Lgs. 297/94 come interpretato autenticamente dall’art. 11 comma 14 L. 124/1999, il periodo da riconoscere al lavoratore non può che essere calcolato secondo la regola di cui all’art. 489 D.Lgs. 297 (e quindi di cui all’art. 11 comma 14 L. 124/99), cioè secondo la “regola dei 180 giorni” (oppure della validità del “servizio prestato ininterrottamente dal 1° febbraio”). Diversamente sostenendo, del resto, si opererebbe una commistione fra i due “regimi” (servizio effettivo-servizio riconosciuto) non prevista da alcuna norma interna e non conforme al diritto euro-unitario. In breve: una volta operato il raffronto fra “servizio effettivo” e “servizio riconosciuto”, ed una volta stabilito che il dipendente a termine è stato illegittimamente discriminato, poiché il servizio riconosciuto è minore di quello effettivo, s’impone procedere con l’identico criterio previsto per il dipendente di ruolo (cioè con la descritta fictio iuris). Tanto affermato in tema di ricostruzione di carriera, il Tribunale di Pistoia, sez. Lavoro, nello statuire sul servizio da riconoscersi al dipendente a termine, ha sostanzialmente applicato il medesimo principio ed ha dichiarato il diritto del dipendente della scuola a tempo determinato al riconoscimento dell’anzianità negli stessi termini del lavoratore di ruolo. Dunque il Giudice del Lavoro ha affermato che deve considerarsi anno di servizio quello pari a 180 giorni oppure il servizio prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale. Avv. Matteo Lazzerini – Foro di Firenze