Una dirigente scolastica che aveva vinto il concorso per Dirigenti Scolastici bandito nel 2011, per effetto di un errato calcolo del punteggio relativo alla valutazione dei propri titoli non è riuscita ad essere assegnata alla propria regione di residenza, ove conviveva con i due anziani genitori, ma è stata assegnata alla Regione Umbria.
Da qui una lunga battaglia legale che ha finalmente trovato sfogo ed esito positivo con la sentenza che pubblichiamo del Giudice del Lavoro di Terni che ha riconosciuto il diritto della lavoratrice ad essere trasferita in un’istituzione scolastica della Regione di residenza.
La Dirigente Scolastica, infatti, dopo aver ricorso al TAR per ottenere il riconoscimento del migliore punteggio, aveva richiesto di essere assegnata alla regione di residenza ex tunc; a fronte del diniego dell’Amministrazione, ogni anno aveva presentato domanda di trasferimento, ma detto trasferimento le era stato negato. Nel frattempo, le condizioni di salute di uno dei due anziani genitori si sono aggravate ed al padre è stata riconosciuta la gravità ex art. 33 comma 3 della L. 104/92. La Dirigente, quindi, nell’a.s. 2019/20 ha presentato formale domanda di mobilità richiedendo l’applicazione della norma de qua e, quindi, il trasferimento nella regione di residenza ex art. 33 comma 5. Stante il mancato trasferimento la DS è stata costretta a promuovere ricorso ex art. 414 cpc avanti al Giudie del Lavoro del Tribunale di Terni, proponendo, altresì istanza cautelare ex art. 700 cpc. Il Giudice del Lavoro di Terni ha accolto la domanda cautelare ed ha ordinato all’USR della Campania di assegnare, immediatamente, la Dirigente ad una sede della regione.
All’esito dell’udienza di merito, il Tribunale ha confermato il proprio orientamento affermando alcuni principi fondamentali in tema di L. 104/92 e tutela del lavoratore che deve assistere un parente che si trovi in situazione di gravità. In particolare il Giudice del lavoro ha affermato come la tutela delle persone disabili sia un principio di carattere generale statuito da una norma di legge che può essere fatto valere non solo al momento dell’assunzione, ma è esercitabile anche in costanza di rapporto, come nel caso di specie, e che “l’esercizio del diritto non è soggetto ad una valutazione discrezionale del datore di lavoro in base a generiche esigenze lavorative aziendali, ma può cedere il passo soltanto a fronte della prova della sussistenza di esigenze tecniche, organizzative e produttive che non possano essere diversamente soddisfatte”. Il Tribunale ha affermato, quindi, come l’art. 33 comma 5 della L. 104/1992, sia per la ratio che per il tenore testuale è sicuramente una norma imperativa inderogabile a prescindere da una espressa previsione in tal senso.
I principi affermati dalla sentenza in commento, non sono altro che principi di civiltà giuridica che dovrebbero essere seguiti spontaneamente dal datore di lavoro pubblico, mentre troppo spesso cedono ad una miope lettura delle norme che non tiene conto del contesto costituzionale in cui necessariamente la normativa primaria deve essere calata.
Per fortuna della Dirigente Scolastica, c’è stato un giudice a Terni che ha interpretato la norma di cui alla L. 104/92 alla luce del quadro costituzionale dei principi inviolabili del nostro ordinamento. Avv. Isetta Barsanti Mauceri – Foro di Firenze