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Titoli conseguiti all’estero e sproporzione delle misure compensative. Di A. Vimborsati

Nota a Tar Lazio sez. III bis, sent. n. 7268 del 16.06.2021 e ordinanza cautelare n. 6439 del 17.11.2021

Nei provvedimenti in epigrafe il Tar Lazio è stato chiamato a pronunciarsi sulle modalità con le quali il Ministero dell’Istruzione è tenuto a valutare i titoli di studio conseguiti all’estero ai quali sia già stata riconosciuta efficacia e validità di titoli abilitanti nel paese di conseguimento con riguardo all’indicazione delle misure compensative.

La questione, in entrambe le vicende sottoposte all’attenzione del Collegio amministrativo, prende le mosse dalla riedizione del potere amministrativo di valutazione del titolo conseguito all’estero da parte del Ministero, in ottemperanza di sentenze del supremo consesso Amministrativo che avevano annullato il diniego del riconoscimento del titolo prescrivendo, espressamente, che “il Ministero intimato – dovesse – NUOVAMENTE esaminare la documentazione specificatamente riferita alla posizione della ricorrente, raffrontando, anche alla stregua delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza europea richiamata, da un lato, la qualificazione attestata dai diplomi, certificati e altri titoli nonché dall’esperienza professionale maturata – dagli istanti – nel settore e, dall’altro, la qualificazione professionale richiesta dalla normativa nazionale per l’esercizio della professione corrispondente; all’esito di tale procedura di valutazione comparativa, il ministero, valutato il percorso formativo seguito dalla ricorrente, come attestato dal titolo estero in proprio possesso, deve verificare se sussistano le condizioni per accogliere l’istanza di riconoscimento all’uopo presentata in sede procedimentale”.

Tuttavia, nella riedizione del predetto potere, il Ministero dell’istruzione dopo aver esaminato il percorso professionale degli istanti e i titoli conseguiti ha subordinato il riconoscimento dei titoli al superamento di misure compensative costituite ai sensi dell’art. 22 del D.lgs. n. 206/2007 da una prova attitudinale o dal compimento di un tirocinio di adattamento a scelta dell’interessato rimettendo la facoltà di scelta tra le due misure agli interessati e lo svolgimento delle stesse nella competenza degli USR di riferimento.

La prova attitudinale si compone di una prova scritta e di una prova orale nella quale il superamento della prova scritta è condizione di ammissione alla prova orale dinanzi ad una commissione composta  da un Presidente (Dirigente scolastico) e da due docenti della classe di concorso interessata, in possesso dei requisiti previsti per far parte delle commissioni esaminatrici dei concorsi a cattedre.

In caso di esito sfavorevole o di mancata presentazione dell’interessata, purché comprovata da valida giustificazione, la prova attitudinale, ai sensi del comma 2bis dell’ art. 23 del D. lgs. N. 206/2007 come modificato dal D .lgs. n. 15/2016, potrà essere ripetuta una so la volta, su richiesta dell’interessata, non prima di sei mesi.

Il tirocinio di adattamento, invece, è previsto della durata di due anni scolastici, con inizio dall’apertura dell’anno scolastico, per non meno di 300 ore per anno e consiste in  esercitazioni d’insegnamento delle classi di concorso richieste, sotto la guida di un docente supervisore/tutor con incarico a tempo indeterminato, nell’ambito dell’orario di lezioni al termine del quale, sulla scorta di una relazione motivata della valutazione finale, viene formulato un giudizio favorevole o sfavorevole.

I decreti prescrivono che nella relazione deve essere indicata chiaramente la data di inizio e termine del tirocinio, atteso che con il medesimo si devono colmare le lacune riscontrate nella formazione acquisita dall’interessata, sicché si richiede che esso sia espletato nell’arco dell’ anno scolastico per seguire per intero l’evoluzione di insegnamento della disciplina di riferimento.

In caso di esito sfavorevole, ai sensi del comma 2-bis dell’art. 23 del D. lgs, n, 206/2007 come modificato dal D. lgs. n. 15/2016, potrà essere ripetuto una sola volta. 

Tanto, rimettendo agli USR competenti la cura di ogni necessario adempimento relativo alla tempestiva organizzazione delle misure compensative-

LA DOGLIENZE DEI RICORRENTI

Il Consiglio di Stato mediante un orientamento ormai consolidato, annullando i decreti di rigetto che avevano denegato le istanze di riconoscimento dei titoli in questione proposte sulla scorta del D. Lgs, 206/2007, ha obbligato il Ministero dell’Istruzione, a esaminare nuovamente la documentazione specificatamente riferita alla posizione degli istanti, raffrontando, anche alla stregua delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza europea richiamata, da un lato, (A) la qualificazione attestata dai diplomi, certificati e altri titoli nonché (B) dall’esperienza professionale maturata nel settore e, dall’altro, (C) la qualificazione professionale richiesta dalla normativa nazionale per l’esercizio della professione corrispondente.

All’esito di tale procedura di valutazione comparativa, il Ministero, valutato il percorso formativo seguito dalla ricorrente, come attestato dal titolo estero in proprio possesso, deve verificare se sussistano le condizioni per accogliere l’istanza di riconoscimento all’uopo presentata in sede procedimentale.

Il Consiglio di Stato ha dunque obbligato il Ministero ad instaurare un procedimento amministrativo finalizzato al riconoscimento del titolo estero posseduto dalla ricorrente sulla scorta del D.Lgs. 206/2007 integrando la disciplina procedimentale sulla scorta degli specifici criteri indicati in relazioen alla normativa comunitaria e a rinnovare l’attività procedimentale de qua.

Ne consegue che se sotto il profilo procedimentale la disciplina del riconoscimento del titolo è quella invariata del D. Lgs. 206/2007, sotto il profilo contenutistico l’attività istruttoria è vincolata alle indicazioni del Consiglio di Stato.

Nelle controversie sottoposte all’attenzione del Collegio amministrativo, invece, il Ministero, non ha avviato alcun procedimento amministrativo eludendo non solo i criteri a cui il Consiglio di Stato ha vincolato l’attività procedimentale sotto il profilo istruttorio ma anche i principi generali imposti dalla legge 241/1990 in materia di adozione di procedimenti amministrativi eludendo il giudicato sostanziale delle sentenze a cui era stato obbligato a dare esecuzione ed in ogni caso esorbitando dallo stesso.

Invero, il Ministero si è limitato a rivalutare l’istanza originariamente proposta dagli istanti in avvio del procedimento amministrativo conclusosi con il diniego del riconoscimento senza valutare in alcun modo le esperienze professionali maturate e senza neppure acquisirne alcuna cognizione dal momento i procedimenti amministrativi di riedizione del potere amministrativi si sono svolti senza alcuna garanzia di partecipazione in favore degli istanti.

I decreti di riconoscimento del titolo, dunque, non hanno consentito di identificare lo svolgimento di alcuna attività di valutazione limitandosi a subordinare, di fatto, lo stesso riconoscimento del titolo o allo svolgimento di una prova attitudinale ovvero in alternativa allo svolgimento di un tirocinio di adattamento di ben 2 anni scolastici sebbene le sentenze in ottemperanza delle quali il Ministero ha valutato i titolo avessero obbligato il Ministero a RINNOVARE il procedimento amministrativo di valutazione del titolo conseguito all’estero con l’ulteriore obbligo di acquisire in conformità alle disposizioni che regolano l’attività procedimentale dell’amministrazione la documentazione idonea a comprovare il possesso di titoli ed esperienze professionali e ad attualizzare la sua posizione, ai fine di istruire il procedimento amministrativo di cui al D. Lgs. 206/2007.

SUL TIROCINIO FORMATIVO

Per quanto concerne il TIROCINIO DI ADATTAMENTO il Ministero ne ha previsto LA DURATA DI DUE ANNI SCOLASTICI, PER NON MENO DI 600 ORE sicché i ricorrenti hanno lamentato l’illegittimità della predetta misura con riguardo alla sua funzione ed alla sua specifica durata ritenendo che fosse tale da vanificare la funzione abilitante del titolo già conseguito.

LE DECISIONI DEL TAR

Nella sentenza breve sez. III bis n. 7268/201 il Collegio ha dato atto di condividere le doglianze dei ricorrenti sulla scorta delle seguenti motivazioni.

“Come noto, nella determinazione delle misure compesative l’amministrazione, ferma l’esigenza di una completa e puntuale motivazione, è titolare di ampia discrezionalità e il giudice amministrativo non può sostituire la propria valutazione a quella dell’amministrazione, potendo e dovendo tuttavia esaminare il percorso motivazionale dell’amministrazione al fine di verificarne la logicità e coerenza, nonché la ragionevolezza e la proporzionalità delle scelte effettuate.

Per quanto concerne il tirocinio di adattamento se ne prevede la durata di due anni scolastici, per non meno di 600 ore da svolgere presso un Istituto del settore economico.

Il tirocinio deve essere funzionale all’adattamento dell’istante e a completare un percorso professionale già svolto in altro paese dell’Unione europea, nel caso in cui difettino alcuni aspetti o requisiti del percorso professionale svolto, nonché al fine di mantenere un determinato livello qualitativo all’interno del corpo docente italiano, conforme alla preparazione ottenuta all’esito del percorso attitudinale svolto in Italia. Tuttavia, nel caso di specie, la previsione di un tirocinio di due anni non appare rispondente ai requisiti di ragionevolezza e proporzionalità. Nella motivazione del provvedimento, da un lato, non si giustifica e non si esplica l’iter logico seguito dall’amministrazione per ritenere coerente tale durata e, dall’altro lato, la durata di due anni è quella ordinariamente prevista per conseguire l’abilitazione da parte dei docenti che siano privi di titoli abilitativi. Ne discende che la previsione di un percorso di due anni azzera in sostanza l’esperienza svolta in Romania e, in mancanza di adeguata motivazione sul punto, appare contrastante con i principi di ragionevolezza e proporzionalità cui deve attenersi l’amministrazione nella propria attività provvedimentale con conseguente annullamento, in parte qua, del provvedimento impugnato e obbligo per l’amministrazione di rideterminare il percorso professionale necessario nel rispetto dei citati principi.

Sulla scora di tali assunti ha accolto il ricorso e per l’effetto disposto l’annullamento del provvedimento di riconoscimento del titolo nella parte relativa alla misura compensativa del tirocinio.

Nell’ordinanza cautelare del 17/11/2021, consolidando l’orientamento espresso nella sentenza, in accoglimento della richiesta misura cautelare ha disposto che “il ricorso appare fondato relativamente al termine di durata del tirocinio posto che questo appare eccessivo anche in considerazione di quello ordinariamente previsto per i frequentanti dei corsi di TFA (cfr. sent. 7268/2021)” sicché ha disposto la sospensione del provvedimento di rigetto nella parte relativa alla determinazione della misura compensativa del tirocinio.

La sospensione dei provvedimenti di riconoscimento dei titoli nella parte relativa alla determinazione del tirocinio formativo è ancorata da un lato ad un giudizio di ragionevolezza e proporzionalità e dall’altro all’accertamento di un vizio di motivazione che si palesa come insanabile in quanto insuscettibile di essere sanato ex post.

Il Collegio, infatti, sanziona la carenza del percorso motivazionale svolto dall’amministrazione nella misura in cui non consente di verificarne la logicità e la coerenza, nonché la ragionevolezza e la proporzionalità delle scelte effettuate.

Pur restando nei limiti del sindacato proprio del giudizio amministrativo, senza intaccare la discrezionalità propria dell’amministrazione, il Collegio accerta l’inopportunità delle misure compensative adottate ritenendo che esprimano un esercizio non funzionale e congruo del potere amministrativo.

La ragionevolezza viene rinvenuta nella mancata indicazione della finalità in relazione alla quale l’Amministrazione ha determinato l’illegittima misura compensativa mentre la proporzionalità è il risultato della stessa evoluzione subita dall’interesse legittimo in gioco, nel caso di specie, avendo riguardo alle statuizioni del diritto comunitario in materia di riconoscimento dei titoli e delle qualifiche professionali.

Una volta che a tale interesse è stata riconosciuta valenza sostanziale la violazione della norma che lo contempla unitamente all’interesse pubblico determina illegittimità dell’atto adottato.

Se, come in questo caso, la violazione si è concretizzata in una non corretta valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati, con un sacrificio “sproporzionato” dell’interesse privato, l’atto è illegittimo per eccesso di potere.

Il ragionamento del giudice assume, dunque, connotati di maggiore pregnanza in quanto il giudice, per ritenere violato il principio di proporzionalità, sovrappone il proprio ragionamento a quello dell’amministrazione.

Quest’ultima, infatti, conferisce un certo “peso” e tutela all’interesse privato, il giudice, invece, può ritenere che, alla luce della complessiva vicenda, e della dimensione comunitaria dell’interesse violato, sarebbe irragionevole non offrire al privato una tutela che sia proporzionale agli obiettivi di interesse pubblico perseguiti.

L’annullamento della misura compensativa “restituisce” dunque, all’interesse legittimo al riconoscimento del titolo conseguito all’estero, quella dimensione di tutela che l’amministrazione ha “azzerato”: l’annullamento secco, peraltro, in assenza di indicazioni relative all’ulteriore riedizione del potere amministrativo persegue l’effetto riconoscere i titoli tout court.

Prof. Avv. Anna Chiara Vimborsati

Foro di Taranto