Assegnazione supplenza in forza di erroneo scorrimento della graduatoria. Mancato riconoscimento del punteggio. Legittimità. Esclusione.
Nella sentenza in esame, il Tribunale di Lanciano prende posizione in ordine alla non attribuzione del punteggio per il servizio reso in caso di errore nell’assegnazione della supplenza (cosiddetto riconoscimento del servizio “ai soli fini economici”).
Secondo una risalente giurisprudenza amministrativa, si verserebbe nell’ipotesi di rapporto di mero fatto, con effetti solo nei limiti indicati dall’art. 2126 c.c.
Anche la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che “l’atto con il quale l’amministrazione revochi l’incarico a seguito dell’annullamento della procedura concorsuale o dell’inosservanza dell’ordine di graduatoria equivale alla condotta del contraente che non osservi il contratto stipulato ritenendolo inefficace perchè affetto da nullità, trattandosi di un comportamento con cui si fa valere l’assenza di un vincolo contrattuale“.
Tuttavia, ad un attento esame, la citata giurisprudenza non può essere invocata nel caso in specie.
Innanzi tutto, perché detta giurisprudenza si riferisce ad assunzioni in ruolo, in cui l’oggetto del contendere riguarda l’applicabilità ai contratti stipulati dalla PA iure privatorum delle regole civilistiche sull’errore[1].
Applicando i principi civilistici, in questi casi si verserebbe nell’ipotesi di errore essenziale, ma non riconoscibile, per cui non sarebbe possibile il licenziamento del “non avente diritto”.
La giurisprudenza di legittimità ha pertanto affermato che in questi casi, pur non potendo la PA “annullare il contratto”, non sia comunque tenuta a darne ulteriore esecuzione.
Nel caso in specie, a ben guardare, non si controverte sulla possibilità o meno di “revocare l’incarico”, ma sulla possibilità di assegnare o meno un punteggio per un servizio pacificamente reso –in possesso del relativo titolo di studio- in favore dell’amministrazione scolastica.
LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO.
a) Il Testo Unico del Pubblico Impiego.
Com’è noto, il Legislatore ha demandato alla contrattazione collettiva la regolazione dei rapporti di lavoro d’impiego presso la P.A., ai sensi dell’art. 2 comma 2 del D.Lgs. n. 165/2001.
b) Il CCNL del comparto scuola.
Il CCNL di comparto ha espressamente disciplinato l’ipotesi dell’errore nell’assunzione nell’art. 25, comma 5, del CCNL di comparto, prevedendo che – in caso di errori- la P.A. datrice di lavoro puo’ procedere all’annullamento della procedura di reclutamento e, conseguentemente, alla risoluzione del contratto.
Poiché, ai sensi dell’art. 1458 del codice civile, “la risoluzione ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica (qual è appunto il contratto di lavoro), riguardo ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite”, appare evidente che, per espressa disposizione legislativa –e in virtù dell’esplicito rimando del Legislatore alla contrattazione collettiva-, la risoluzione del contratto comporta non l’annullamento ab origine del contratto, ma la sua perdurante validità fino a quando non si sia avvenuta la sua risoluzione.
Per questo motivo, non appaiono corretti i provvedimenti adottati da alcune scuole che in questi casi dichiarano il servizio reso “valido ai soli fini economici”, dunque senza il riconoscimento di alcun punteggio.
Appare evidente che le parti negoziali, nel regolare i possibili vizi della procedura assunzionale, nel quadro di un equo bilanciamento degli interessi in gioco, abbiano inteso salvaguardare il principio dell’affidamento, tutelando pertanto il dipendente che in buona fede avesse confidato nella validità del contratto, rinunciando probabilmente ad altre opportunità di lavoro, attesa l’avvenuta assunzione.
c) La normativa sulle supplenze.
Non a caso, la normativa regolamentare unilateralmente predisposta dal Ministero (ci si riferisce al DM n.640/2017) prevede all’art.7, comma 7 che “l’eventuale servizio prestato dall’aspirante in assenza del titolo di studio richiesto per l’accesso al profilo e/o ai profili richiesti o sulla base di dichiarazioni mendaci, e assegnato nelle precedenti graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia, sarà, con apposito provvedimento emesso dal Dirigente scolastico già individuato al precedente comma 5, dichiarato come prestato di fatto e non di diritto, con la conseguenza che allo stesso non deve essere attribuito alcun punteggio”3.
Tale disposizione è stata confermata e ribadita dall’ultimo DM in materia di supplenze per il personale ATA (DM n.50/2021) che all’art.6, comma 15 recita: “l’eventuale servizio prestato dall’aspirante in assenza del titolo di studio richiesto per l’accesso al profilo e/o ai profili richiesti o sulla base di dichiarazioni mendaci, e assegnato nelle precedenti graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia, sarà, con apposito provvedimento emesso dal Dirigente scolastico già individuato al comma 11, dichiarato come prestato di fatto e non di diritto, con la conseguenza che lo stesso non è menzionato negli attestati di servizio richiesti dall’interessato e non è attribuito alcun punteggio, né è utile ai fini del riconoscimento dell’anzianità di servizio e della progressione di carriera”.
Per quanto riguarda l’assegnazione di supplenze ai docenti dalle Graduatorie Provinciali per le Supplenze (cd “GPS”), disposizioni analoghe sono previste dall’OM n. 60/2020, che all’art. 8 prevede che l’eventuale servizio reso sulla base di dichiarazioni mendaci sia dichiarato come “prestato di fatto e non di diritto”, dunque senza il riconoscimento di alcun punteggio.
Dunque, secondo lo stesso Ministero il punteggio potrebbe essere negato qualora la supplenza fosse stata assegnata in assenza del titolo di studio o sulla base di dichiarazioni mendaci (non dunque in caso di errore nell’assegnazione del punteggio).
Si osserva che tali disposizioni ministeriali integrano quanto previsto dal citato art. 25 del CCNL di comparto, nella parte in cui le parti negoziali hanno inteso salvaguardare gli effetti medio tempore verificatisi prima della risoluzione del contratto, dichiarando privi di effetti giuridici i (soli) servizi resi in assenza del prescritto titolo di studio o sulla base di dichiarazioni dolosamente false.
Negli altri casi, del tutto pacificamente, non è prevista la mancata valutazione del servizio reso.
La nota dell’USR Toscana.
L’Ufficio Scolastico Regionale, con nota AOODRTO. REGISTRO UFFICIALE. U.0002662 del 2 marzo 2021, è intervenuto formalmente sulla questione, chiarendo che -in caso di errori nell’attribuzione delle supplenze da parte delle scuole- va riconosciuto il punteggio per il servizio prestato.
Il Direttore Generale dell’USR Toscana, Dott. Ernesto Pellecchia, nel diramare la nota, ha inteso precisare che “il servizio effettivamente prestato in virtù di un rapporto di lavoro, successivamente oggetto di risoluzione o recesso da parte della scuola, in conseguenza di una rettifica del punteggio e del conseguentemente riposizionamento in graduatoria, per cause non addebitabili all’interessato, produce effetti anche ai fini giuridici ed economici, per il periodo in cui vi è stata regolare prestazione lavorativa”.
La sentenza del Tribunale di Lanciano.
Nell’annotata sentenza, il Giudice del lavoro del Tribunale di Lanciano ha osservato che mentre il precedente DM n.717/2014 prevedeva la mancata assegnazione del punteggio (“In dipendenza delle determinazioni di cui al comma precedente, l’eventuale servizio prestato dall’aspirante sulla base di erroneo punteggio, ovvero in assenza del titolo di studio richiesto per l’accesso al profilo e/o ai profili richiesti, e assegnato nelle precedenti graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia, sarà dichiarato, con apposito provvedimento emesso dal Dirigente scolastico già individuato al precedente comma 5, come prestato di fatto e non di diritto, con la conseguenza che allo stesso non deve essere attribuito alcun punteggio”)[2], tale previsione non è più contemplata nelle successive disposizioni regolamentari (quali appunto i citati DM n.640/2017 e DM n.50/2021).
“L’art. 7, comma 7, del predetto D.M. non consente, dunque, di rideterminare i punteggi attribuiti agli aspiranti sulla base di una diversa valutazione degli stessi, ma solo ed esclusivamente nel caso in cui tali servizi siano stati resi in assenza del titolo di studio richiesto per l’accesso al profilo o sulla base di dichiarazioni mendaci” (Trib. Lanciano, sentenza n.82/2021).
La questione del servizio prestato nelle scuole paritarie.
Occorre inoltre considerare che il punteggio per le supplenze viene pacificamente riconosciuto dall’Amministrazione anche a coloro che prestano servizio nelle scuole paritarie, nelle quali – com’è noto- si viene assunti senza il rispetto di alcuna graduatoria.
In buona sostanza, la ratio della normativa vigente può essere riassunta nel riconoscimento di un’esperienza maturata nella scuola, pubblica o privata, esperienza che viene valorizzata con l’assegnazione del relativo punteggio.
Del resto, riconoscere il diritto al punteggio a chi ha prestato servizio in una scuola paritaria (in cui la supplenza non viene assegnata sulla base di una graduatoria) e non riconoscere tale diritto al docente assunto da una scuola statale solo perché si è verificato un errore da parte dell’Amministrazione nell’attribuzione della supplenza, rappresenterebbe un’ingiusta e irragionevole discriminazione per i docenti delle scuole statali.
Il controllo sulle domande. La questione della “tempestività”.
Per completezza, appare opportuno esaminare anche la questione relativa ai tempi e ai modi con cui si perviene al controllo sulle domande.
Com’è noto, negli ultimi anni, la verifica in ordine alla validità delle dichiarazioni contenute nelle domande (nonché la conferma del punteggio assegnato nelle rispettive graduatorie) viene effettuata dal Dirigente Scolastico della prima scuola in cui il dipendente assume servizio.
A parte ogni considerazione sulla ragionevolezza di tale disposizione[3], va precisato che – per ovvie ragioni- tale controllo deve essere effettuato in modo tempestivo (in questo senso, cfr.art.7 comma 5, del citato D.M. n. 640/2017)[4].
La tempestività del controllo è fondamentale al fine di evitare che, per un errore della scuola, la supplenza venga assegnata ad un altro aspirante, cercando così di ridurre al minimo le conseguenze dell’errore, atteso che il riconoscimento tardivo del vizio non esclude la legittimità della corresponsione della retribuzione e il riconoscimento del punteggio, come espressamente previsto dal medesimo art. 7 DM 640/2017.
Sulla base di tali considerazioni, il Tribunale di Ravenna, con ordinanza n. 1626 del 6 giugno 2018, ha escluso la possibilità di revocare il punteggio a distanza di un anno dal conferimento della supplenza, proprio in virtù della violazione del principio di affidamento “posto che la situazione non verificata deve considerarsi stabilizzata dal punto di vista degli effetti consequenziali ed in particolare di quelli legati al punteggio da riconoscersi per gli incarichi medio tempore svolti (e ciò è più che intuitivo posto che ritenendo altrimenti, sarebbe possibile spazzare via una carriera, riqualificata come di fatto, ad opera di un controllo postumo, svolto anche a distanza di anni)”. Avvocato Francesco Orecchioni
[1] Com’è noto, ai sensi dell’art. 1428 c.c. “l’errore è causa di annullamento del contratto quando è essenziale e riconoscibile dall’atro contraente”.
[2] Cfr. art.7. comma 7, DM cit.
[3] Se infatti in tal modo è possibile emendare il punteggio in graduatoria nel caso di aspirante cui sia stato attribuito un punteggio superiore, non altrettanto avviene nel caso in cui sia stato assegnato un punteggio inferiore; infatti, il docente pretermesso (e illegittimamente collocato in posizione deteriore in graduatoria) non ha alcuna garanzia di ottenere una rivalutazione della propria posizione, per il semplice fatto che probabilmente non sarà mai convocato per una supplenza, proprio a causa dell’errore della PA.
[4] All’atto del primo rapporto di lavoro stipulato in applicazione del presente decreto, i predetti controlli sono tempestivamente effettuati dal dirigente scolastico nell’attribuzione che conferisce la supplenza temporanea disposta sulla base della graduatoria di circolo o d’istituto di terza fascia della stessa istituzione scolastica e devono riguardare il complesso delle situazioni dichiarate dall’aspirante, per tutte le graduatorie in cui il medesimo è risultato incluso”.