La Corte Costituzionale ha pronunciato la Sentenza n.1/2022 avente ad oggetto il giudizio di legittimità costituzionale dell’art.4 ter, comma 3, del Decreto Legge n.255 del 03.07.2001 convertito con modificazione nella Legge n.333 del 20.08.2001, concernente le modalità di assunzione del personale educativo.
La vicenda sottoposta al vaglio del Giudice delle Leggi riguarda il sistema assunzionale del personale educativo previsto dalla legge nazionale ritenuto dal Tribunale di Trapani in contrasto con gli artt. 3 e 51 della Costituzione. A parere del giudice rimettente la disciplina in argomento risulterebbe “disarmonica rispetto al contesto normativo interno e sovranazionale e all’interpretazione giurisprudenziale, i quali sono orientati in modo univoco a sancire l’illegittimità di qualsivoglia disparità di trattamento per ragioni di genere, anche con riferimento all’accesso al lavoro”.
Il sistema assunzionale del personale educativo
Nello specifico, la Legge n.333 del 2001 (cosiddetta “Legge Moratti”) recante “Disposizioni urgenti per assicurare l’ordinato avvio dell’anno scolastico 2001-2002” a riguardo del “personale educativo” riferisce “art.4/ter – 1. I distinti ruoli provinciali del personale educativo degli istituti di cui all’articolo 446 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n.297, sono unificati; 2. Per l’assunzione del personale educativo individuato in relazione alle esigenze delle attività convittuali e semiconvittuali, e comunque nel rispetto dei criteri di cui al medesimo articolo 446 citato testo unico, si utilizzano graduatorie provinciali unificate; 3. La distinzione tra alunni convittori e alunne convittrici opera ai soli fini dell’individuazione dei posti di organico per le esigenze delle attività convittuali a personale educativo rispettivamente maschile e femminile”.
Nelle more della conversione del Decreto Legge, il Ministero dell’Istruzione aveva avuto modo di chiarire, – ad abundantiam, dato il chiaro tenore letterale della norma – a mezzo della Circolare Ministeriale n.134 prot.n.2112 del 08.08.2001 rivolta alle amministrazioni scolastiche decentrate, le modalità operative per l’individuazione degli aspiranti candidati da riferire ai posti in organico per il personale educativo. “… il decreto legge n. 255/2001, in sede di conversione ha previsto l’unificazione dei distinti ruoli provinciali del predetto personale educativo e l’utilizzo di graduatorie provinciali unificate ai fini dell’assunzione, mantenendo, tuttavia, la distinzione tra alunni convittori e alunne convittrici ai soli fini della individuazione dei posti in organico per le esigenze delle attività convittuali da affidare a personale educativo rispettivamente maschile e femminile. Alla luce di tali disposizioni, nello sciogliere la riserva contenuta nella predetta C.M. n. 36, si invitano le SS.LL., a procedere nel più breve tempo possibile e comunque, entro il 31 agosto 2001, alle assunzioni ancora da disporre per l’a.s. 2000/2001, provvedendo sui posti riservati alla semiconvittualità, sulla base di graduatorie unificate del personale maschile e femminile.”
In estrema sintesi, la norma prevede che:
– per i posti su semiconvitto (senza pernottamento) debba essere utilizzata la graduatoria unificata;
– per i posti sulla convittualità maschile (con pernottamento) l’assunzione debba riguardare il solo personale educativo maschile;
– per i posti sulla convittualità femminile (con pernottamento) l’assunzione debba riguardare il solo personale educativo femminile.
Sia la normativa di base che i criteri ivi scanditi non hanno mai accusato riforme anzi, periodicamente, il Ministero ne ribadiva i contenuti:
“la graduatoria è unica e scorre in considerazione delle richieste assunzionali avanzate dalle istituzioni scolastiche; ove la richiesta riguardi la semiconvittualità di convittori maschili e/o femminili la graduatoria scorre senza alcuna distinzione tra istitutori ed istitutrici; ove la richiesta riguardi la convittualità assumendo rilevanza la circostanza che trattasi di convittori maschili o femminili la graduatoria scorre distinguendo tra istitutori ed istitutrici”.
Tale meccanismo di facile attuazione non ha registrato mai alcuna deroga in tutto il territorio nazionale anche se da più parti veniva in diverse occasioni adombrata una presunta violazione dei principi cardini di accesso al lavoro come tutelati dalla Carta Costituzionale. In tal senso, il Tribunale di Trapani ha rappresentato alla Corte Costituzionale che il criterio di affidamento degli educandi agli educatori dello stesso sesso volto a favorire l’instaurazione di un rapporto educativo “più paritario e confidenziale”, tale, cioè, da essere recepito dai convittori come un’ “ingerenza meno invasiva” e capace di scongiurare “forme di comprensibile soggezione” da parte di individui, per lo più di minore età, che non hanno ancora “maturato una piena capacità di relazionarsi con l’altro sesso in maniera consapevole e ordinaria” fosse da considerarsi “anacronistico”. Tale criterio dovrebbe soccombere, a parere del giudice remittente, poiché in contrasto con la “forte impronta educativa, globale e unisex” che caratterizza la formazione dei giovani nella società contemporanea; tale per cui la scelta del legislatore di derogare al principio di pari opportunità di accesso al lavoro per ragioni di genere si mostrerebbe eccessiva e, quindi, “irragionevole”; a sostegno di tale tesi richiama la disciplina racchiusa nella Legge n. 903/1977, oggi confluita nei Decreti Legislativi n. 151/2001 e n. 198/2006, nonché’ (per il pubblico impiego) quella dell’art. 7 del Decreto Legislativo n. 165/2001 oltre che l’art. 119 del Trattato istitutivo della CEE, gli artt. 2, 3, 13 e 137 del Trattato di Amsterdam, l’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e la Convenzione delle N.U. n. 79/1981.
L’inquadramento normativo nella sentenza n.1/2022
I Giudici Costituzionali nelle motivazioni della Sentenza n.1/2022 disegnano un quadro normativo di più ampia portata con puntuali riferimenti al profilo professionale del personale educativo; in tal senso, gli artt. 127, 128 e 129 del contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) relativo al personale del Comparto scuola sottoscritto il 29 novembre 2007 oltre che il contesto normativo in cui è inserito il mentovato art.4 ter. Più in particolare, da una parte, le norme del CCNL che nobilitano il ruolo del personale educativo, troppo spesso posto ai margini del personale scolastico, quale elemento utile al perseguimento della funzione educativa, vale a dire a quella “capacità di promuovere i processi di crescita umana, civile e culturale, e di socializzazione degli allievi convittori o semiconvittori, nonché di garantire loro una guida nei vari momenti della vita comune nell’istituzione educativa”; dall’altra parte, l’iter parlamentare dell’articolo 4 ter inserito nella legge di conversione “al duplice scopo, desumibile dai lavori parlamentari, di garantire la parità di genere e di porre rimedio all’incertezza, sorta nel previgente assetto normativo, circa la necessità di applicare alla formazione delle graduatorie del personale educativo la stessa distinzione tra gli istitutori e le istitutrici, rispettivamente destinati alle istituzioni convittuali maschili e femminili”.
Non si ravvisa discriminazione di genere
In breve, dalla lettura della Sentenza emerge che sono proprio le particolarità della funzione educativa a consentire di escludere che la distinzione operata dalla norma in esame istituisca una irragionevole discriminazione di genere, riposando la differenziazione introdotta dalla norma su una finalità legittima; i Giudice Costituzionali confermano ancora una volta che non tutte le asimmetrie rinvenibili in una norma di legge debbano per forza essere ricondotte alla violazione del principio di uguaglianza. Ragionevolmente, la Corte pone l’accento sulla funzione educativa del personale in questione che non si esaurisce nel solo aspetto didattico ma che contempla anche la partecipazione attiva dell’educatore al processo di crescita umana dell’educando in tutti i suoi possibili sviluppi culturali, affettivi, relazionali e sessuali implicando, di conseguenza, lo svolgimento di una funzione di vigilanza diurna e notturna e di controllo attraverso l’esercizio di poteri ispettivi e disciplinari spesso particolarmente incisivi che a prescindere dalla rapida evoluzione dei costumi e dalla precocità delle nuove generazioni, rende opportuna una condivisione di genere tra gli istitutori e gli allievi convittori.
I Giudici di Palazzo della Consulta evidenziano che “Il criterio discretivo indicato dall’art. 4-ter, comma 3, del d.l. n. 255 del 2001, come convertito, ai fini dell’assegnazione dei posti di educatore e di educatrice, esibisce una chiara corrispondenza con l’omologa differenziazione operata dal legislatore nel prevedere distinte istituzioni educative per convittori di sesso maschile e per convittrici di sesso femminile”.
La corretta risoluzione della questione prospettata non può certo avere una lettura miope poiché il vero oggetto del contendere non riguarda esclusivamente l’accesso ad un posto di lavoro, sia esso una supplenza o una immissione in ruolo, piuttosto la configurazione di un sistema educativo attuato con l’istituzione di strutture convittuali, nel quale la distinzione tra educatori ed educatrici è speculare e funzionale alla separazione tra gli allievi convittori e le allieve convittrici; incidere in maniera particolare su un’unica questione creerebbe uno squilibrio, una disarmonia – questa sì, irragionevole – nel sistema complessivo voluto dal Legislatore.
Inammissibili le questioni di legittimità costituzionale A tal proposito, la Corte Costituzionale dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4-ter, comma 3, del Decreto Legge 3 luglio 2001, n. 255 (Disposizioni urgenti per assicurare l’ordinato avvio dell’anno scolastico 2001/2002), convertito, con modificazioni, nella legge 20 agosto 2001, n. 333, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione poiché la richiesta avanzata sottende una rimeditazione della disciplina delle istituzioni educative nella sua globalità, che spetta alla discrezionalità del legislatore.
Avv. Marcello Angelo Di Iorio
Foro di Pescara