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Insegnanti di religione cattolica, no alla reiterazione dei contratti a termine

Nota a Tribunale Torino, sentenza n.2147 del 30.11.2023, di R. Carapelle.

Il Tribunale di Torino nella sentenza 2147/2023, qui commentata, richiamandosi a precedenti della Cassazione, ha ritenuto di liquidare ad un docente di religione cattolica precario che ha svolto ininterrottamente il sevizio dal 01/09/2017 al 31/08/2023 il danno da abusiva reiterazione di contratti a termine nella misura pari a 3,5 mensilità della retribuzione di fatto utile ai fini del tfr.

La decisione offre lo spunto per alcune riflessioni

L’INSEGNANTE DI RELIGIONE CATTOLICA

La legge 186 del 18/07/2003 ha disciplinato ex novo la figura dell’insegnante di religione cattolica regolando:

a) il ruolo regionale degli insegnanti di religione cattolica a cui si applicano le norme sullo stato giuridico ed il trattamento economico previsto dal d.lgs 297/1994;

b) la pianta organica che è composta al 70% da docenti di ruolo mentre il residuo 30% è assegnato ad incaricati a tempo determinato;

c) l’accesso ai ruoli che avviene esclusivamente previo superamento di selezione concorsuale per titoli ed esami indetti su base regionale ogni tre anni;

d) la risoluzione del contratto di lavoro che può avvenire anche quale conseguenza della revoca dell’idoneità all’insegnamento della religione cattolica da parte dell’ordinario diocesano competente per territorio.

Infine, come chiarito dalla C.M. n. 2 del 03/01/2001, gli insegnanti di religione incaricati per almeno 12 ore/cattedra hanno diritto agli scatti biennali di anzianità e dopo quattro anni di insegnamento alla ricostruzione di carriera.

Contrariamente a quanto previsto dalla legge (art. 2 c.2 l. 186/2003), a parte quello del primo anno 2003/2004, nessun ulteriore concorso per l’assunzione a tempo indeterminato di insegnanti di religione cattolica è mai stato bandito.

Non essendo previste per l’insegnamento della religione cattolica graduatorie ad esaurimento per docenti abilitati, non è stato per costoro mai possibile passare al ruolo ai sensi dell’art. 399 d.lgs 297/1994.

L’art.1 legge 13/07/2015 n. 107 ha escluso gli insegnanti di religione cattolica dalla possibilità di partecipare alle procedure concorsuali riservate per la stabilizzazione a tempo indeterminato per la copertura dei posti vacanti di diritto.

LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA 13/01/2022 NELLA CAUSA C. 282/19.

La Corte di Giustizia europea, sollecitata da rinvio pregiudiziale del Tribunale di Napoli in funzione del giudice del lavoro ha dichiarato:

La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso, da un lato, che essa osta a una normativa nazionale che esclude gli insegnanti di religione cattolica degli istituti di insegnamento pubblico dall’applicazione delle norme dirette a sanzionare il ricorso abusivo a una successione di contratti a tempo determinato, qualora non esista nessun’altra misura effettiva nell’ordinamento giuridico interno che sanzioni detto ricorso abusivo, e, dall’altro che la necessità di un titolo di idoneità rilasciato da un’autorità ecclesiastica al fine di consentire a tali insegnanti di impartire l’insegnamento della religione cattolica non costituisce una “ragione obiettiva” ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), di tale accordo quadro, nella misura in cui tale titolo di idoneità è rilasciato una sola volta, e non prima di ogni anno scolastico che dà luogo alla stipulazione di un contratto di lavoro a tempo determinato”.

Quanto alla normativa che consente, per far fronte alla variabilità della domanda di insegnamento di religione cattolica, dipendente da esigenze non facilmente prevedibili, la questione è così risolta dalla Corte di Giustizia (punti da 104 a 110):

104. Fattori del genere attestano, nel settore dell’insegnamento di cui trattasi nel procedimento principale, un’esigenza particolare di flessibilità che, come menzionato al punto 102 della presente sentenza, è idonea, in tale specifico settore, a giustificare oggettivamente, alla luce della clausola 5, punto 1, lettera a) dell’accordo quadro, il ricorso a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato per rispondere in maniera adeguata alla domanda scolastica ed evitare di esporre lo Stato, quale datore di lavoro in tale settore, al rischio di dover immettere in ruolo un numero di docenti significativamente superiore a quello effettivamente necessario per adempiere i propri obblighi in materia (sentenza del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e c-418/13, EU:C:2014:2401, punto 95).

105. Non si può invece ammettere che contratti di lavoro a tempo determinato possano essere rinnovati per la realizzazione, in modo permanente e duraturo, di compiti che rientrano nella normale attività del settore dell’insegnamento. Come più volte statuito dalla Corte, il rinnovo di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato per far fronte a esigenze che, di fatto, hanno carattere non già provvisorio ma permanente e durevole non è giustificato ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a) dell’accordo quadro, dal momento che un tale utilizzo dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato si scontra direttamente con la premessa sulla quale si fonda il suddetto accordo quadro, vale a dire il fatto che i contratti di lavoro a tempo indeterminato costituiscono la forma comune dei rapporti di lavoro, anche se i contratti di lavoro a tempo determinato rappresentano una caratteristica dell’impiego in alcuni settori o per determinate occupazioni e attività (sentenza del 24 giugno 2021, Obras y Servicios Publicos e Acciona Agua C-550/19, EU:C:2021:514, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

106. L’osservanza della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro esige pertanto che sia verificato concretamente che il rinnovo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi miri a soddisfare esigenze provvisorie, e che una disposizione nazionale come quella di cui al procedimento principale non sia utilizzata, di fatto, per soddisfare esigenze permanenti e durevoli del datore di lavoro in materia di personale (sentenza del 24 giugno 2021, Obras y Servicios Publicos e Acciona Agua, C-550/19, EU:C:2021:514, punto 63 e giurisprudenza ivi citata.

106. L’osservanza della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro esige pertanto che sia verificato concretamente che il rinnovo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi miri a soddisfare esigenze provvisorie, e che una disposizione nazionale come quella di cui al procedimento principale non sia utilizzata, di fatto, per soddisfare esigenze permanenti e durevoli del datore di lavoro in materia di personale (sentenza del 24 giugno 2021, Obras Y Servicios Pulicos e Acciona Agua, C-550/19, EU:C:2021:514, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

107. Occorre a tal fine esaminare di volta in volta tutte le circostanze del caso, prendendo in considerazione, in particolare, il numero di detti contratti successivi stipulati con la stessa persona oppure per lo svolgimento di uno stesso lavoro, al fine di escludere che contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, sebbene apparentemente conclusi per soddisfare un’esigenza di personale sostitutivo, siano utilizzati in modo abusivo dai datori di lavoro (sentenza del 24 giugno 2021, Obras Y Servicios Publicos e Acciona Agua, C-550/19, EU:C:2021:514, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

108. L’esistenza di una “ragione obiettiva” ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro esclude quindi, in linea di principio, l’esistenza di un abuso, a meno che un esame globale delle circostanze sottese al rinnovo dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato di cui trattasi rilevi che le prestazioni richieste al lavoratore non corrispondono a una mera esigenza temporanea (sentenza del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, EU:C:2014:2401, punto 103).

109. Di conseguenza, il solo fatto che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale possa essere giustificata da una “ragione obiettiva” ai sensi di tale disposizione non può essere sufficiente a renderla ad essa conforme, se risulta che l’applicazione concreta di detta normativa conduce, nei fatti, a un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato (sentenza del 26 novembre 2014, Mascolo e c., C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e c-418/13, EU:C:2014:2401, punto 104).

110. Orbene, da un lato, la normativa nazionale di cui al procedimento principale non subordina ad alcuna condizione di tale natura la deroga da essa introdotta alle norme di diritto comune applicabili ai contratti di lavoro e intese a sanzionare il ricorso abusivo a una successione di contratti a tempo determinato. Dall’altro, la conclusione dei contratti di lavoro in successione di cui al procedimento principale non sembra rispondere a mere esigenze provvisorie del datore di lavoro, ma sembra piuttosto rientrare nelle necessità della gestione ordinaria del medesimo. Per di più, i diversi contratti di lavoro a tempo determinato con i quali i ricorrenti nel procedimento principale sono stati assunti hanno dato luogo allo svolgimento di mansioni simili, se non identiche, per svariati anni, cossicchè si può ritenere che tali rapporti di lavoro abbiano soddisfatto un fabbisogno non già provvisorio, bensì, al contrario, duraturo, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare.

Quali le conseguenze?

A prescindere dall’obbligo per il giudice nazionale di interpretazione conforme del diritto interno ai principi dettati dalla direttiva europea, di particolare importanza, a mio parere, appaiono le considerazioni di cui ai punti 119 e 120 della sentenza della CGUE.

119. Nel caso di specie, dal momento che la normativa nazionale di cui al procedimento principale contiene norme applicabili ai contratti di lavoro di diritto comune dirette a sanzionare il ricorso abusivo a una successione di contratti a tempo determinato, prevedendo la conversione automatica di un contratto a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato qualora il rapporto di lavoro perduri oltre un certo periodo, un’applicazione di tali norme nel procedimento principale potrebbe costituire una misura preventiva di un simile abuso, ai sensi della clausola 5 dell’accordo quadro.

120. Ciò premesso, occorre tuttavia ricordare che la Corte ha statuito che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro non è incondizionata e sufficientemente precisa da poter essere invocata da un singolo dinanzi a un giudice nazionale. Una tale disposizione del diritto dell’Unione, priva di effetto diretto, non può quindi essere fatta valere, in quanto tale, nell’ambito di una controversia rientrante nel diritto dell’Unione, al fine di escludere l’applicazione di una disposizione di diritto nazionale ad essa contraria. Pertanto, un giudice nazionale non è tenuto a disapplicare una disposizione di diritto nazionale contraria a detta clausola (sentenza del 24 giugno 2021, Obras y Servicios Publicos e Acciona Agua, C-550/19, EU:C:2021:514, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

In buona sostanza con garbo istituzionale la Corte di Giustizia ci dice:

a) la normativa nazionale prevede (art. 19 d.lgs 81/2015) che dopo un certo periodo di tempo (36 mesi, oggi 24 mesi) i contratti a tempo determinato si trasformino a tempo indeterminato;

b) tale misura potrebbe costituire una misura preventiva di un simile abuso ai sensi della clausola 5 dell’accordo quadro indipendentemente dalla natura pubblica o privata del rapporto di lavoro;

c) la clausola 5 della direttiva, però, non è autoapplicativa e, quindi, non potrebbe essere utilizzata dal Giudice per disapplicare una normativa nazionale con essa in contrasto (art. 36 d.lgs 165/2001);

d) l’unico Giudice nazionale le cui decisioni hanno efficacia “erga omnes” è la Corte Costituzionale a cui il Giudice nazionale per un proficuo dialogo fra le Alte Corti dovrebbe rivolgersi affinchè valuti se l’opzione interpretativa suggerita dalla Corte di Giustizia quale sanzione utile a prevenire nel caso di specie l’abusivo ricorso a contratto a tempo determinato in violazione della clausola 5 della direttiva europea, tenuto altresì conto che con la legge 107/2015 per altre categorie di insegnanti sono state previste, a seconda dei casi, e per evitare le conseguenze della sentenza Mascolo, forme di stabilizzazione automatiche o preferenziali (attraverso procedure concorsuali riservate e per soli titoli) del personale precario della scuola da cui senza ragione sono stati esclusi gli insegnanti di religione cattolica, possa dirsi conforme al nostro apparato costituzionale.

Ricordiamo, infatti, che per giurisprudenza consolidata di legittimità (Cass. 22552/2016 e ss) la norma della stabilizzazione prevista nella citata legge 107/2015 attraverso il piano straordinario destinato alla copertura dei posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, costituisce misura effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare l’abusiva reiterazione dei contratti a termine nella scuola, stabilizzazione, tuttavia, da cui gli insegnanti di religione cattolica erano esclusi.

LE SENTENZE DELLA CASSAZIONE

La Cassazione, recependo quanto affermato dalla corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza l3 gennaio 2022, a C-282119, ha tuttavia così statuito di fatto respingendo l’invito della Corte di Giustizia pur senza una specifica motivazione: ”Stante l’impossibilità di conversione a tempo indeterminato dei contratti annuali dei docenti non di ruolo di religione cattolica in corso, per i quali la contrattazione collettiva ne stabilisce la conferma al permanere delle condizioni e dei requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge, i medesimi rapporti proseguono, nonostante il reiterarsi di essi nel tempo e ciò in ragione dell’indirizzo della pronuncia della Corte di Giustizia in materia, secondo cui l’interpretazione del diritto interno in coerenza con i principi Eurounitari non può tradursi in ragione di pregiudizio per i lavoratori, salvo il diritto al risarcimento del danno per la mancata indizione dei concorsi triennali quali previsti dalla legge per l’accesso ai ruoli”.

“Nel regime speciale di assunzione a tempo determinalo dei docenti di religione cattolica nella scuola pubblica, di cui alla L. n. l86 del 2003, costituisce abuso nell’utilizzazione della contrattazione a termine sia il protrarsi di rapporti annuali o rinnovo automatico o comunque senza soluzione di continuità per un periodo superiore a tre annualità scolastiche, in mancanza di indizione del concorso triennale, sia l’utilizzazione  discontinua del docente, in talune annualità, per ragioni di eccedenza rispetto al fabbisogno a condizione, in quest’ultimo caso, che si determini una durata complessiva di rapporti a termine superiore alle tre annualità. In tutte le menzionate ipotesi di abuso sorge il diritto dei docenti al risarcimento del danno c.d. Eurounitario, con applicazione, anche in ragione della gravità del pregiudizio, dei parametri di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, commo 5 (poi, D.Lgs. n. 8l del 2015, ort- 28, comma 2) oltre al ristoro, se provato, del maggior danno sofferto, non essendo invece riconoscibile la trasformazione di diritto in rapporti o tempo indeterminato”.

“l contratti di assunzione dei docenti di religione non di ruolo nella scuola pubblica hanno durata annuale e sono soggetti a conferma automatica. secondo le previsioni della contrattazione collettiva, al permanere delle condizioni e dei requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge, ma è consentito altresì l’assunzione di durata infrannuale, sulla base di contratti motivati dalla necessità sostitutiva di docenti precedentemente incaricati,, oppure nello stretto tempo necessario all’attuazione delle immissioni in ruolo in esito a procedure concorsuali già svolte o per concludere procedure concorsuali in essere, spettando in tali casi al Ministero, qualora sorga contestazione a fini risarcitori per abuso nella reiterazione del ricorso o contratti a termine. l’onere della prova della legittimità della causale. la quale, se accertata, esclude tali contratti dal computo per l’integrazione della fattispecie del predetto abuso” (Cass. civ. sez. lav., 12.08.2022, n. 24761: nello stesso senso Cass. civ sez. lav..15.07.2022. n.22420; Cass. civ. sez. lav., 15.06.2022, n. 19315; Cass. civ. sez. lav. 04/04/2023 n.9323).

Il Tribunale di Torino ha anch’esso bypassato la questione, richiamandosi alla consolidata giurisprudenza di legittimità, peraltro mantenendosi, nel calcolo del risarcimento riconosciuto al docente, su di una valutazione piuttosto limitata, ossia considerando 2,5 mensilità al quarto anno consecutivo di precariato con un aumento di soli 15 giorni di retribuzione per ogni ulteriore anno di abuso, il che non appare costituire misura effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare l’abusiva reiterazione dei contratti a termine nella scuola.