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Carta Docente, sulla nozione di lavoratore “pienamente” comparabile ai fini della fruizione dopo il Dl. n. 69/2023

Nota a Corte di Cassazione sent. n. 29961 del 27.10.2023, Pres. Marotta, Rel. Bellè.

Di Nicola Zampieri*

Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione affronta la complessa questione dei presupposti di “piena” concessione del beneficio della c.d. c.d. «Carta Elettronica del docente», pari a 500,00 euro annui, alla luce dell’ordinanza del 18 maggio 2022, pronunciata dalla CGUE. nella causa C‑450/21, e della natura vincolata del bonus formativo, prospettata nell’articolata ordinanza di rinvio pregiudiziale del dott. Cosimo Magazzino del Tribunale di Taranto.

La Cassazione fornisce degli importanti chiarimenti sulla nozione di lavoratore a tempo determinato “comparabile”, che ha diritto all’integrale corresponsione del bonus di 500 euro, oltre che sulle implicazioni della natura pecuniaria a scopo vincolato dell’obbligazione, sia in relazione ai termini di prescrizione applicabili, che in merito al requisito dell’inserimento all’interno al sistema educativo scolastico, che deve permanere fino al momento della decisione della causa.

La Cassazione non prende invece posizione sulla durata minima che deve rivestire la prestazione lavorativa, per potere accedere alla carta docente, in quanto non rilevante rispetto al caso pendente in primo grado.

Su quest’ultimo punto la Cassazione si limita infatti a prospettare una soluzione equitativa della problematica, mediante l’integrale attribuzione della somma di 500 euro ai soli docenti assunti fino alla fine dell’attività didattica o dell’anno scolastico e l’eventuale riparametrazione del bonus, sulla scorta della durata del contratto a tempo determinato e del numero di ore di insegnamento effettuate, per i docenti con rapporti a termine di minore durata.

In altre parole la durata del rapporto, in linea di massima, non incide sul diritto all’attribuzione della carta elettronica, ma solo sull’entità dell’importo liquidabile al docente a termine, nel senso che i docenti a tempo determinato con incarichi fino al 30.6 oppure fino al 31.8 hanno diritto al bonus di 500 euro in misura “piena”, in applicazione della clausola 4, comma 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (allegato alla direttiva 99/70 del Consiglio dell’Unione Europea), che impone di riconoscere le stesse condizioni di impiego.

I docenti con supplenze di durata inferiore al 30 giugno invece possono astrattamente beneficiarne solo pro rata temporis, in applicazione del comma 2 della cit. clausola 4 o del diritto all’accesso ad opportunità di formazione adeguate, riconosciuto dalla clausola 6 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, ferma restando la possibilità di individuare delle soglie minime al di sotto delle quali nulla potrebbe essere rivendicato dai docenti precari.

La sentenza infine non chiarisce se il bonus abbia natura retributiva oppure sui generis, come lascerebbe intendere l’art. 1 della L. n. 107/2015, laddove stabilisce che “la somma di cui alla Carta docente non costituisce retribuzione accessoria, né reddito imponibile”, in quanto circostanza pure ritenuta irrilevante dal Collegio, posto che l’applicazione del termine di prescrizione quinquennale, così come la spettanza della maggior somma tra interessi e rivalutazione, discende direttamente dalla natura pecuniaria dell’obbligazione.

La decisione riveste comunque una particolare rilevanza anche in quanto il recente intervento normativo del Governo aveva fatto sorgere dei dubbi in merito alla possibilità di riconoscere la Carta Elettronica ai precari che non avevano prestato l’attività lavorativa fino al 31 agosto su posto vacante e disponibile, come richiesto dall’art. 15 del sopravvenuto DL n. 69 del 13/6/2023, convertito dalla L. n. 103 del 10 agosto 2023.

IL CASO

Si ritiene innanzitutto doveroso premettere che la remissione del Tribunale di Taranto riguarda un docente che ha lavorato con cattedra piena e con supplenza fino al termine delle attività didattiche o dell’anno scolastico.

La precisazione risulta rilevante in quanto spiega le ragioni per le quali la Cassazione ha preferito non affrontare le problematiche della durata minima, che deve avere il rapporto a tempo determinato, e dell’orario di lavoro, che deve essere svolto per potere ottenere la Carta elettronica.

Il riconoscimento della spettanza del bonus di 500 euro ai docenti non di ruolo che ricevano incarichi annuali, ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 124 del 1999 o fino al termine delle attività di didattiche, ai sensi dell’art. 4, comma secondo, della L. n. 124 del 1999, comporta infatti il pieno accoglimento delle domande azionate dal dipendente e l’impossibilità di affrontare la problematica inerente alla possibilità di attribuire, sia pure solo parzialmente, la carta docente ai precari con supplenze di durata inferiore al 30 giugno.

IL QUADRO NORMATIVO NAZIONALE PRESO A RIFERIMENTO DALLA CGUE. E DALL’ORDINANZA DI REMISSIONE DI TARANTO

Sempre in via preliminare si ritiene opportuno riassumere brevemente la normativa che disciplina le modalità di attribuzione della carta ai docenti a tempo indeterminato.

La Corte di Giustizia ha infatti chiarito che «quando una discriminazione, contraria al diritto dell’Unione, sia stata constatata e finché non siano adottate misure volte a ripristinare la parità di trattamento, il rispetto del principio di uguaglianza può essere garantito solo mediante la concessione alle persone appartenenti alla categoria sfavorita degli stessi vantaggi di cui beneficiano le persone della categoria privilegiata. In tale ipotesi, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare qualsiasi disposizione nazionale discriminatoria, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione da parte del legislatore, e deve applicare ai componenti del gruppo sfavorito lo stesso regime che viene riservato alle persone dell’altra categoria» [1].

       Ne discende che ai fini dell’applicazione del meccanismo antidiscriminatorio imposto dalla CGUE., il trattamento spettante ai docenti discriminati, per effetto dell’accertamento della natura discriminatoria della mancata concessione agli insegnanti a termine della carta del docente, deve essere determinato prendendo a riferimento il vincolo di destinazione imposto dal legislatore e le condizioni alle quali i regolamenti attuativi subordinano l’attribuzione della carta ai docenti di ruolo, dovendo essere garantito alle persone svantaggiate lo stesso trattamento erogato alle persone favorite.

L’art. 1 del dl.vo n. 107/15 sancisce infatti che il bonus di 500 euro costituisce un contributo per la formazione professionale, per cui l’equiparazione del trattamento del lavoratore a tempo determinato a quello dei docenti a tempo indeterminato può avvenire esclusivamente tramite l’assegnazione materiale della Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente.

Analogamente la definizione del trattamento normativo spettante ai docenti discriminati e delle caratteristiche che deve avere il rapporto a termine, per essere comparabile alla prestazione resa dal docente di ruolo, devono essere determinati sulla scorta del trattamento erogato ai docenti beneficiati in base ai regolamenti adottati con i d.P.C.M. del 23 settembre 2015 e del 28 novembre 2016, venendo altrimenti violato non solo il divieto di discriminazione tra docenti a termine e a tempo indeterminato, sancito nella 4 dell’accordo quadro del 18.03.1999 (recepito dalla direttiva 1999/70/CE), ma anche il principio di uguaglianza, di cui all’art 20 della CDFUE..

A questo riguarda giova anticipare come l’art. 3 del d.P.C.M. del 28.11.2016 lasci intendere l’irrilevanza della durata del contratto ai fini dell’attribuzione della Carta, in quanto la stessa viene assegnata anche ai docenti “dichiarati inidonei per motivi di salute di cui all’articolo 514 del d. l.vo n. 297/94”, che «sono utilizzati, in ambito distrettuale, dal Provveditore agli studi dell’attuale sede di servizio in supplenze temporanee di breve durata» [2], imponendo così di riconoscere la carta anche ai docenti con brevi supplenze, per assicurare pari trattamento ai docenti precari.

Entrambi i DPCM. garantiscono poi anche lavoratori a tempo parziale la fruizione della carta, senza fissare alcuna soglia minima di durata della prestazione [3].

LA POSIZIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE

Come noto la CGUE., con l’ordinanza del 18 maggio 2022 (causa C‑450/21) ha sancito che la mancata attribuzione della Carta Elettronica del docente al personale precario si pone in contrasto con clausola 4 dell’accordo quadro del 18.03.1999, in quanto non esiste alcuna ragione oggettiva per riservare al solo personale docente a tempo indeterminato il vantaggio finanziario dell’importo di EUR 500 all’anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua, atteso che l’art. 282 del D. Lgs. n. 297/94 e gli artt. 63 e 64 del CCNL del 29 novembre 2007 prevedono l’obbligo di fornire la formazione professionale a tutto il personale docente, senza alcuna distinzione tra docenti a tempo indeterminato e docenti con contratti a termine, anche di breve durata.

Secondo la CGUE. è infatti palese che «la situazione di UC e quella dei docenti a tempo indeterminato, assunti dal Ministero nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sono comparabili dal punto di vista della natura del lavoro e delle competenze professionali richieste».

Tale pronuncia determina dunque l’automatica disapplicazione dellart. 1 della L. n. 107/2015, nella parte in cui non riconosce la Carta Elettronica anche al personale docente precario, lasciando impregiudicata la competenza dei Giudici nazionali solo in ordine all’individuazione dei requisiti necessari per la piena attribuzione del bonus di 500 euro, da determinarsi comunque sulla base delle condizioni a cui l’ordinamento interno ne subordina il godimento da parte dei lavoratori assunti a tempo indeterminato.

Sulla scia di tale pronuncia, si è quindi inserita l’ordinanza n. 8514/2022 di rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c., con cui il Tribunale di Taranto ha chiesto alla Suprema Corte di chiarire la natura retributiva o risarcitoria del diritto e dell’obbligazione in esame e, conseguentemente, i requisiti e i termini di prescrizione e decadenza del diritto dei docenti precari al bonus di 500 euro, di cui alla c.d. «Carta Elettronica del docente».

In tale contesto, normativo e giurisprudenziale, la Corte di Cassazione era dunque chiamata, da un lato, a fornire la nozione di docente precario “comparabile”, che ha diritto alla piena fruizione del bonus di 500 euro, precisando la durata minima del contratto a tempo determinato e il quantitativo orario necessari per poterne beneficiare.

Sotto altro profilo, doveva precisare se il diritto in esame avesse natura retributiva, per cui il docente aveva diritto anche alla maggior somma tra interessi e rivalutazione, ma doveva agire entro il termine di prescrizione quinquennale, oppure costituisse il mero adempimento di un obbligo formativo, sottoposto in quanto tale al regime di prescrizione decennale, ma non rivalutabile sotto il profilo economico.

 SULL’EVOLUZIONE DEL QUADRO NORMATIVO

La questione demandata alla Cassazione risultava complicata dalla circostanza che in seguito alla remissione alla Corte di Cassazione della questione interpretativa in esame, da parte del Tribunale di Taranto, il Governo era intervenuto con il DL n. 69 del 13/6/2023 (convertito dalla L. 10 agosto 2023, n. 103), adottato nel dichiarato intento di attuare gli “obblighi derivanti da atti dell’Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano”. 

Quest’ultimo decreto legge ha infatti specificamente sancito, all’art. 15, che «1. La Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado di cui all’articolo 1, comma 121, primo periodo, della legge 13 luglio 2015, n. 107, è riconosciuta, per l’anno 2023, anche ai docenti con contratto di supplenza annuale su posto vacante e disponibile.»

Per quanto concerne poi la durata della prestazione il DL. n. 69/23 ha disposto, all’art. 14, che ai fini della ricostruzione della carriera «non trova applicazione la disciplina sulla validità dell’anno scolastico prevista dall’ordinamento scolastico al momento della prestazione», ossia la fictio iuris dell’equiparazione all’intero anno scolastico delle supplenze di durata complessiva superiore ai 180 gg., contenuta nell’art. 11, comma 14, della Legge n. 124/99.

SULLA NOZIONE DI LAVORATORE “PIENAMENTE” COMPARABILE: LA DURATA MINIMA DEL RAPPORTO

In merito alla questione della soglia minima di durata che deve avere il contratto a tempo determinato per potere beneficiare in misura integrale del bonus di 500 euro la Cassazione ritiene che possano beneficiare della piena equiparazione solo i docenti che siano stati assunti fino al termine delle attività didattiche, ossia fino al 30 giugno, oppure che abbiano ricevuto incarichi annuali fino al 31 agosto.

La Corte perviene a tale conclusione in quanto la taratura dell’importo di 500 euro in una misura “annua” e per “anno scolastico” lascerebbe intendere la connessione temporale tra tale sostegno alla formazione e la didattica, calibrandolo in ragione di un tale periodo di durata di quest’ultima.

Secondo la Cassazioneil nesso tra la Carta Docente e la didattica annuale risulterebbe confermato dall’incipit della L. n. 107/15, posto che la destinazione della Carta al sostegno della «formazione continua dei docenti» e a «valorizzarne le competenze professionali», dimostrerebbe il perseguimento di un obiettivo di migliore svolgimento del servizio nella sua interezza, attraverso l’incremento di professionalità del personale e della didattica su base annua, cui esso è stato rivolto in forza del richiamo del Piano Triennale dell’Offerta Formativa e del coordinamento con i tempi della programmazione didattico educativa, cui il singolo docente è tenuto “annualmente”, sulla base degli indirizzi del Collegio dei Docenti.

Secondo la Cassazione la piena comparabilità ai docenti a tempo indeterminato dei soli supplenti al 30 giugno o 31 agosto non sarebbe smentita dalla circostanza che l’art. 2 del d.l. n. 22/20 abbia previsto l’utilizzo della carta per l’acquisto dei servizi di connettività Internet, per assicurare le prestazioni didattiche a distanza, a prescindere dalla durata dell’incarico dei docenti, onde non privare gli studenti (neppure per periodi limitati) del servizio, in quanto «non si può certamente attribuire a quella previsione il senso di un mutamento di indirizzo dell’istituto, in ragione di tale estemporanea evenienza.»

Altrettanto inconferente sarebbe poi il fatto che l’art. 8 del D.P.C.M. 23.9.2015 riconosca il bonus di 500 euro in misura piena anche al docente a tempo indeterminato, che inizi a prestare servizio ad anno scolastico in corso, e che quindi l’esigenza di aggiornamento e formazione risulti la medesima, sia che il docente presti servizio sin dall’inizio dell’anno scolastico, sia che l’assunzione avvenga successivamente, poiché “si è in presenza di una violazione dell’art. 3 Cost. (principio di uguaglianza) solo «qualora situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso”.

La Cassazione sottolinea inoltre l’irrilevanza della disparità di trattamento rispetto ai docenti «in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altrimenti utilizzati » o a tempo parziale, a cui l’art. 3 del d.P.C.M. del 23 settembre 2015 e l’art. 2 del d.P.C.M. del 28 novembre 2016, garantiscono la fruizione della carta anche se non sono stati ancora immessi in ruolo (perché non hanno ancora superato il periodo di prova) e benché non insegnino o lavorino per soli 90 giorni all’anno [4], così come rispetto ai docenti dichiarati inidonei per motivi di salute ai sensi dell’articolo 514 del decreto legislativo n. 297/94, a cui l’art. 3 del d.P.C.M. 28.11.2016 riconosce il diritto alla carta nonostante gli stessi vengano impiegati «in supplenze temporanee di breve durata» [5].

Secondo la Cassazione queste fattispecie concretizzano infatti situazioni didattiche e lavorative del tutto particolari, da cui non possono pertanto desumersi criteri idonei all’individuazione del lavoratore comparabile, dovendo tenersi “in debito conto anche la logica delle scelte legislative, che appunto si muovono sul piano del sostegno pieno. con la Carta Docente, alla didattica «annua»”.

 Per tale motivo, secondo la Cassazione, non possono essere riconosciuti come comparabili neppure i docenti con supplenze di durata complessiva superiori ai 180 giorni, per i quali l’art. 489 del D. Lgs. n. 297/94 sancisce l’equiparazione alle supplenze annuali, in quanto tale disposizione riguarderebbe solo lo specifico fenomeno della ricostruzione della carriera ed è stata comunque modificata a decorrere dall’a.s. 2023/24 dal (sopravvenuto) DL. n. 69/2023 [6].

Anche su tale punto la Cassazione pare dunque prendere le distanze dalla posizione del Consiglio di Stato, il quale aveva invece sostenuto che l’obiettivo di politica scolastica ed educativa perseguito dall’art. 1 della L. n. 107/2015 è quello «di far sì che sia tutto il personale docente (e non certo esclusivamente quello di ruolo) a poter conseguire un livello adeguato di aggiornamento professionale e di formazione, affinché sia garantita la qualità dell’insegnamento complessivo fornito agli studentinon può dubitarsi, infatti, che, nella misura in cui la P.A. si serve di personale docente non di ruolo per l’erogazione del servizio scolastico, deve curare la formazione anche di tale personale, al fine di garantire la qualità dell’insegnamento fornito agli studenti» [7].

SULLA INAPPLICABILITÀ DELL’ART. 15 DEL DL. N. 69/23

Secondo la Corte la piena spettanza del bonus di 500 euro ai soli docenti che ricevono incarichi annuali, ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 124 del 1999 o incarichi per docenza fino al termine delle attività di didattiche, ai sensi dell’art. 4, comma secondo, della L. n. 124 del 1999, sarebbe avvalorata «sul piano sistematico» dal recente intervento normativo di cui all’art. 15 del d.l. n. 69 del 2023, che confermerebbe il riferimento annuale, essendo il beneficio esteso «per l’anno 2023» ai soli «docenti con contratto di supplenza annuale su posto vacante e disponibile».

La Cassazione precisa tuttavia che la limitazione dell’attribuzione del bonus di 500 euro ai soli docenti annuali, introdotta dal DL. n. 69/2023, non risulta applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame ex artt. 10 e 11 delle “Preleggi”.

     Alla medesima conclusione si perviene del resto anche perché l’art. 15 del DL. n. 69/23 introduce prescrizioni limitative ad una posizione giuridica soggettiva di vantaggio (riservando l’attribuzione della “carta elettronica” ai soli assunti al 31 agosto) e non risulta espressivo, ai sensi dell’art. 14 delle Preleggi, di un principio generale, posto che disciplina unicamente l’a.s. 2023/24 (e non tutti gli anni successivi a tale anno) ed interviene in un quadro di “diritto vivente” consolidato nel senso del diritto / dovere alla formazione anche dei supplenti brevi e della equiparabilità alle supplenze annuali almeno delle supplenze di durata pari o superiore ai 180 giorni.

L’art. 15 del DL. n. 69/23 oltre a costituire una norma a fattispecie esclusiva, riferita al solo a.s. 2023/24, costituisce infatti una norma eccezionale anche in quanto deroga:

  1. all’art. 282 del D. Lgs. n. 297/94, che riconosce l’obbligo formativo anche ai docenti precari con supplenze di breve durata,
  2. all’art. 11, comma 14, della Legge n. 124/99, che tuttora prevede l’equiparabilità ad anno pieno delle supplenze di durata complessiva pari o superiori ai 180 giorni, sia pure a fini diversi dalla ricostruzione della carriera e
  3. all’art. 485 del D. Lgs. n. 297/94, che, in seguito alle modifiche introdotte dall’art. 14 del DL. n. 69/23, sancisce, anche in sede di ricostruzione della carriera, l’integrale riconoscimento dei servizio precario, dimostrando così implicitamente l’equiparabilità delle supplenze brevi al servizio svolto con i contratti annuali (fino al 31/8).

Le Sezioni Unite della Cassazione del resto già sotto il previgente art. 485 aveva riconosciuto che «la disparità di trattamento non può essere giustificata dalla natura non di ruolo del rapporto di impiego, dalla novità di ogni singolo contratto rispetto al precedente, dalle modalità di reclutamento del personale nel settore scolastico e dalle esigenze che il sistema mira ad assicurare. Nè la comparabilità può essere esclusa per i supplenti assunti ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 3, facendo leva sulla temporaneità dell’assunzione, perché la pretesa differenza qualitativa e quantitativa della prestazione, oltre a non trovare riscontro nella disciplina dettata dai C.C.N.L. succedutisi nel tempo, che non operano distinzioni quanto al contenuto della funzione docente, non appare conciliabile, come la stessa Corte di Giustizia ha rimarcato, “con la scelta del legislatore nazionale di riconoscere integralmente l’anzianità maturata nei primi quattro anni di esercizio dell’attività professionale dei docenti a tempo determinato” (punto 34 della citata sentenza Motter), ossia nel periodo in cui, per le peculiarità del sistema di reclutamento dei supplenti, che acquisiscono punteggi in ragione del servizio prestato, solitamente si collocano più le supplenze temporanee, che quelle annuali o sino al termine delle attività didattiche» [8].

La Corte di Cassazione – con specifico riferimento alla RPD., ma con considerazioni che sembrano estensibili alla fattispecie in esame – ha inoltre sottolineato che «L’art. 7, comma 1, del C.C.N.L. per il personale del comparto scuola del 15 marzo 2001, che attribuisce la “retribuzione professionale docenti” a tutto il personale docente ed educativo, si interpretaalla luce del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/cenel senso di ricomprendere nella previsione anche tutti gli assunti a tempo determinato, a prescindere dalle diverse tipologie di incarico previste dalla l. n. 124 del 1999, sicché il successivo richiamo contenuto nel comma 3 alle “modalità stabilite dall’art. 25 del c.c.n.i. del 31.8.1999” deve intendersi limitato ai soli criteri di quantificazione e di corresponsione del trattamento accessorio e non si estende all’individuazione delle categorie di personale richiamate dal predetto contratto collettivo integrativo» [9].

L’equiparazione dei docenti a tempo indeterminato ai soli docenti a termine con contratto fino al 31 agosto sembra dunque rivestire natura eccezionale rispetto al complesso organico, unitario e coerente di regole, contenuto nel TU. n. 297/94, che riconosce pienamente il servizio svolto con i contratti a tempo determinato e il diritto dovere alla formazione anche dei supplenti brevi.

In base al divieto di applicazione analogica delle norme eccezionali, soprattutto qualora porti ad un risultato in malam partem rispetto alle posizioni giuridiche in considerazione, l’art. 15 del DL. n. 69/23 non può essere esteso agli anni diversi dall’a.s. 2023/24, atteso anche che l’espresso riferimento al solo a.s. 2023/24 lascia intendere a contrario l’impossibilità di applicare la disposizione agli anni precedenti (e successivi), poiché riconducibile alle norme che facendo «eccezione a regole generali o ad altre leggi», ai sensi dell’art. 14 delle Preleggi, «non si applicano oltre i casi e i tempi in essa considerati».

In altri termini l’art. 15 del DL. n. 69/23, disciplinando solo l’a.s. 2023/24, costituisce una prescrizione di carattere contingente o transitorio, con tutte le conseguenze che da tale rilievo conseguono sul piano dogmatico e del sistema in ordine alla insuscettibilità di estensione analogica.

SULLA POSSIBILITÀ DEI DOCENTI CON SUPPLENZE DI DURATA INFERIORE AL 30 GIUGNO DI BENEFICIARE DELLA CARTA DOCENTE MEDIANTE EVENTUALE RIPARAMETRAZIONE DELLA SOMMA DA CARICARE SULLA CARTA DOCENTE SULLA SCORTA DELLA DURATA DEL CONTRATTO A TERMINE E DELLE ORE DI INSEGNAMENTO.

La Cassazione, evidentemente ben consapevole della controvertibilità della conclusione a cui è pervenuta in merito alla soglia del 30 giugno, nel paragrafo 10 della sentenza in commento sottolinea come la decisione sulla spettanza o meno della Carta Elettronica ai docenti con supplenze di durata inferiore al 30 giugno non può ritenersi risolta dalla sentenza in esame, in quanto richiede ulteriori valutazioni sul piano del diritto eurounitario.

La Cassazione precisa come l’assunzione almeno fino alla fine dell’attività didattica costituisce un requisito per l’attribuzione in misura integrale del bonus di 500 euro e non per la concessione della carta elettronica.

La Corte evidenzia, a titolo esemplificativo, come l’attribuzione della Carta Elettronica possa fondarsi sulla stessa clausola 4 dell’accordo quadro, mediante la riparametrazione dell’importo di 500 euro sulla scorta della durata del rapporto, prevista dal secondo comma della clausola 4, o almeno sulla successiva clausola 6 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato del 18/3/99, la quale garantisce il «diritto all’accesso alla formazione professionale e continua», sia pure «nella misura del possibile».

La CGUE, con specifico riferimento all’accesso all’istruzione, ma con considerazioni facilmente estensibili all’accesso alla formazione, ha infatti dichiarato che il principio della parità di trattamento per l’accesso a corsi d’insegnamento si riferisce non solo alle disposizioni relative all’ammissione propriamente detta, ma, in generale, a tutti i provvedimenti miranti a facilitare la frequenza dell’insegnamento e quindi in primis all’accesso al finanziamento degli studi alle stesse condizioni [10].

Giova inoltre evidenziare come la questione della riparametrazione risulta resa per quanto possibile ancor più complessa per il fatto che l’art. 14 della CDFUE. annovera espressamente il «diritto all’istruzione e all’accesso alla formazione professionale e continua» tra i diritti fondamentali, e che le clausole 4 e 6 dell’accordo quadro del 18/3/99 devono essere comunque lette alla luce degli artt. 20 e 21 della CDFUE., in forza dei quali l’applicazione del principio di parità di trattamento non richiede l’identità delle fattispecie, essendo sufficiente che «le situazioni siano comparabili »[11].

Secondo l’univoco insegnamento della giurisprudenza inoltre i diritti fondamentali non possono certo essere limitati per ragioni finanziarie, posto che «ammettere che considerazioni di bilancio possano giustificare una differenza di trattamento … comporterebbe che l’applicazione e la portata di una norma tanto fondamentale del diritto comunitario … possano variare, nel tempo e nello spazio, a seconda dello stato delle finanze pubbliche degli Stati membri (sentenze citate Roks e a., punto 36, e 6 aprile 2000, causa C-226/98, Jørgensen, punto 39)» [12].

Del resto anche la Corte Costituzionale ha sottolineato che è «la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione» (così, sentenza n. 275 del 2016; nello stesso senso: sentenze n. 10 del 2022, n. 142 del 2021, n. 62 del 2020, n. 169 del 2017)».  [13]

La stessa Cassazione, nel §8.1 della sentenza, riconosce d’altronde che le ragioni di bilancio e di contenimento della spesa«non rispondono ai principi di proporzionalità nel momento in cui la loro applicazione determina la lesione di diritti fondamentali delle persone (vedi, Corte EDU, 7 giugno 2011, Agrati e altri contro Italia; Corte EDU, 28 ottobre 1999, Zielinski, Pradal, Gonzalez contro Francia; nonché Corte di Giustizia 11 novembre 2014, Schmitzer, punto 41; Corte di Giustizia 24 febbraio 1994, De Weerd)».

SULLA NOZIONE DI LAVORATORE COMPARABILE: IL PROBLEMA DELLA DURATA MINIMA DELLA PRESTAZIONE

La Cassazione non prende posizione sulla rilevanza delle ore di insegnamento svolte ai fini della determinazione del lavoratore comparabile, argomentando dal fatto che neppure tale questione risulta rilevante, in quanto il giudizio pendente davanti al Tribunale di Taranto riguarda un docente il che ha sempre insegnato per 18 ore.

Per completezza si evidenzia come la questione sulla possibilità di attribuire la carta al docente a part time deve essere risolta sulla scorta delle ore richieste ai docenti a tempo indeterminato per la concessione della carta, posto cheil «principio generale della parità di trattamento, in quanto principio generale del diritto dell’Unione, impone che le situazioni paragonabili non siano trattate in maniera differente» [14].

Risulta pertanto decisiva la circostanza che l’art. 2 del d.P.C.M. del 23 settembre 2015 e l’art. 3 del d.P.C.M. 28.11.2016 sanciscono, rispettivamente, che la carta viene attribuita ai “docenti di ruolo a tempo indeterminato presso le Istituzioni scolastiche statali, sia a tempo pieno che a tempo parziale”, nonché cheLa Carta è assegnata ai docenti … a tempo parziale, compresi i docenti che sono in periodo di formazione e prova”. 

Come chiarito dalla giurisprudenza, pertanto, “ai fini del riconoscimento del diritto alla carta a favore dei docenti a tempo determinato, non assumono alcuna rilevanza (quali fattori ostativi), né la (limitata) durata dei contratti, né l’orario di lavoro (inferiore al tempo pieno quale previsto dal CCNL di settore) che li ha contraddistinti. Il secondo aspetto non solleva particolari problemi, in quanto la disciplina normativa in materia di carta docente ne prevede il riconoscimento, inoltre in misura piena (l’unica prevista), anche ai docenti con rapporto di lavoro part time (secondo il d.P.C.M. 23.9.2015, art. 2, la carta spetta ai “docenti di ruolo a tempo indeterminato presso le Istituzioni scolastiche statali, sia a tempo pieno che a tempo parziale”; e il d.P.C.M. 28.11.2016, art. 3, contiene analoga previsione).» [15].

Alla medesima conclusione si perviene del resto anche in base ad una interpretazione in chiavecostituzionalmente orientata della vigente normativa, posto che la mancata attribuzione del bonus di € 500,00 ai lavoratori a tempo parzialecolliderebbe «con i precetti costituzionali degli artt. 3, 35 e 97 della Cost., sia per la discriminazione che introduce a danno dei docenti non di ruolo (resa palese dalla mancata erogazione di uno strumento che possa supportare le attività volte alla loro formazione e dargli pari chances rispetto agli altri docenti di aggiornare la loro preparazione), sia, ancor di più, per la lesione del principio di buon andamento della P.A.: invero, … nella misura in cui la P.A. si serve di personale docente non di ruolo per l’erogazione del servizio scolastico, deve curare la formazione anche di tale personale, al fine di garantire la qualità dell’insegnamento fornito agli studenti» [16].

Come rimarcato dalla giurisprudenza «a ragionare diversamente, infatti, si dovrebbe ipotizzare che l’attività svolta dai docenti c.d. precari possa essere caratterizzata da un minor grado di aggiornamento del personale docente, il che certamente risulterebbe irragionevole e in contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza e finirebbe, in definitiva, anche con il ledere irrimediabilmente il diritto all’istruzione costituzionalmente garantito, considerando che si avrebbe un corpo docenti la cui formazione è differenziata a seconda della stabilità o meno del rapporto di lavoro; il che, evidentemente, non è concepibile senza che si dia luogo ad una inammissibile disparità di trattamento. Ne consegue che, nel momento in cui i compiti e le funzioni educative svolte dal personale docente a tempo determinato sono le medesime di quello a tempo indeterminato, un diverso trattamento sulle possibilità di formazione professionale sarebbe del tutto ingiustificato, non potendo essere fondato come sostenuto dall’amministrazione unicamente sul carattere temporaneo del rapporto che renderebbe non proficua per il datore di lavoro la formazione di personale non destinato a rimanere nell’organizzazione scolastica» [17].

     Né può essere sottaciuto come la mancata concessione della carta ai docenti a tempo parziale si risolverebbe in una evidente violazione del divieto di discriminazione tra lavoratori a tempo parziale e lavoratori a tempo pieno sancito nella direttiva 97/81/CE (relativa all’accordo – quadro sul lavoro a tempo parziale), poiché il lavoratore a part time ha gli stessi obblighi formativi del docente a tempo pieno in ogni prerogativa il cui riconoscimento non può dirsi direttamente connesso con l’orario di lavoro ridotto [18]. Che il servizio svolto a tempo parziale sia parificabile al servizio a tempo pieno risulta, del resto, confermato dallo stesso MIUR il quale, nella Circolare Ministeriale 23.05.1980, n. 147 (prot. 2391/49/SR), prevede che i servizi pre-ruolo sono pienamente valutabili anche se prestati per meno di 6 ore settimanali di insegnamento, in quanto le competenze disciplinari, pedagogiche, metodologiche – didattiche, organizzativo – relazionali e di ricerca del docente a part time sono esattamente le stesse di quelle del docente a tempo pieno [19].

SULLA NATURA PECUNIARIA E A SCOPO VINCOLATO DELL’OBBLIGAZIONE, CON CONSEGUENTE RIVALUTAZIONE DELLE SOMME TARDIVAMENTE CORRISPOSTE

Per quanto concerne la natura della carta docente la Cassazione ritiene che la stessa costituisca una obbligazione pecuniaria, in quanto consiste sostanzialmente nella messa a disposizione della somma di 500 euro, che viene direttamente versata dal MIM al pubblico esercente fornitore del bene o del servizio formativo, secondo un meccanismo riconducibile allo schema dell’espromissione, con cui il MIM. (espromittente) si assume il debito del docente nei confronti del fornitore di beni o servizi (espromissario) o della delegazione di pagamento, in forza della quale il docente, delegante, conferisce al Ministero, delegato, l’incarico di pagare al pubblico esercente, delegatario, le prestazioni o i servizi formativi, oppure dell’accollo, con cui il Ministero (accollante) si assume un debito del lavoratore (accollato) nei confronti del terzo fornitore del servizio (accollatario).

Ne deriva che le somme devono essere maggiorate di interessi o rivalutazione, dalla data del diritto all’accredito alla concreta attribuzione, in conformità a quanto statuito dall’art. 22, comma 36, della L. n. 724 del 1994, ma il termine prescrizionale di riferimento è quello quinquennale.

La Corte precisa però che si tratta di una obbligazione di pagamento a destinazione ed utilizzazione vincolata, con finalità di formazione, non suscettibile di automatica conversione nel corrispondente valore monetario, in quanto altrimenti si vanificherebbe la finalità formativa e si causerebbe una discriminazione alla rovescia a danno dei docenti a tempo indeterminato.

Questi ultimi infatti potrebbero destinare la somma solo a specifiche tipologie di acquisti di beni o servizi formativi, mentre i docenti a termine otterrebbero il versamento diretto di una somma di denaro liquida, che potrebbero utilizzare anche per l’acquisto di beni e servizi privi d’ogni attinenza con lo sviluppo della loro professionalità.

SULL’IRRILEVANZA DELL’ATTUALITÀ DEL RAPPORTO AI FINI DELL’ATTRIBUZIONE DEL BONUS FORMATIVO

La Cassazione ha poi confermato che il docente precario, discriminato per la mancata erogazione del bonus della carta elettronica, non può vedere estinto il suo diritto al “beneficio formativo”, per la semplice circostanza di avere concluso il singolo contratto a tempo determinato, senza aver ancora ricevuta una nuova nomina come supplente, poiché altrimenti si finirebbe per attribuire all’apposizione del termine finale, e conseguentemente all’esaurimento del rapporto che deriva dalla sua scadenza, l’effetto irragionevole di precludere qualsiasi rimedio rispetto alla violazione accertata dalla CGUE.. La previsione del possibile utilizzo nell’anno scolastico successivo delle somme non spese entro la conclusione dell’anno scolastico di riferimento, contenuta nell’art. 3  del D.P.C.M. del 23 settembre 2015 e ribadita dall’art. 6 del d.P.C.M. del 28.06.2016, conferma infatti che le somme non utilizzate rimangono nella disponibilità del titolare della carta e che, pertanto, nulla osta all’accreditamento cumulativo di tutte le somme maturate nei precedenti anni, a condizione che permanga l’inserimento dell’insegnante nel sistema educativo statale.

Tale conclusione non è smentita dall’art. 3, comma 2, d.P.C.M. 28.11.2016, secondo cui “la carta non è più fruibile all’atto della cessazione del servizio”, posto che suddetta disposizione, contemplando esclusivamente la condizione soggettiva dei docenti di ruolo (in quanto i d.P.C.M. non ammettono tra i beneficiari della carta la categoria dei docenti precari), va riferita alla definitiva conclusione del rapporto lavorativo, per raggiungimento del massimo di servizio, per dimissioni volontarie o raggiungimento del minimo contributivo ai fini del pensionamento.

Viceversa, la cessazione del singolo rapporto a termine costituisce un elemento connaturale dei rapporti a tempo determinato, che non può pertanto certo costituire contestualmente un elemento di esclusione dal beneficio del Bonus di 500 euro.

Ne deriva cheai fini del riconoscimento del diritto all’attribuzione dei 500 euro non è essenziale l’attualità della situazione lavorativa, essendo sufficiente l’iscrizione dell’insegnante nelle graduatorie (ad esaurimento, provinciali o di istituto) per le supplenze.

Per completezza si evidenzia come l’inconferenza dell’attualità dello svolgimento dell’insegnamento risulta confermata anche dal fatto che, come già evidenziato, il d.P.C.M. 23.9.2015 e il d.P.C.M. del 28.11.2016 riconoscono il diritto alla fruizione della carta docente anche ai “docenti in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altrimenti utilizzati”, che beneficiano, dunque, del bonus pur senza essere impegnati, al momento, nell’attività didattica. Ne deriva che la mancata attribuzione della carta docente agli insegnanti precari per il solo fatto che, pur essendo inseriti nelle graduatorie, sono ancora in attesa del conferimento degli incarichi di supplenza, si risolverebbe in una ingiustificata discriminazione di lavoratori che si trovano in una situazione comparabile.

SUL DIRITTO AL RISARCIMENTO DEI DANNI IN CASO DI DEFINITIVA FUORIUSCITA DAL SISTEMA EDUCATIVO SCOLASTICO

La struttura dell’obbligazione “di scopo” di cui consiste la Carta Docente determina viceversa che l’inserimento all’interno al sistema educativo scolastico deve permanere fino al momento della decisione della causa, in quanto la definitiva cessazione del rapporto lavorativo rende sostanzialmente inattuabile l’esecuzione della decisione di condanna al rilascio della Carta e determina la perdita di interesse dell’amministrazione ad adempiere all’obbligo formativo, oltre che del docente, all’ottenimento del beneficio economico di € 500,00.

Atteso infatti che l’attribuzione della somma è vincolata all’acquisto di beni o servizi, coerenti con il diritto- dovere formativo del docente, il venir meno delle esigenze formative, causata dalla fuoriuscita dell’insegnante dall’organigramma scolastico, determina anche l’impossibilità per il docente di utilizzare ai fini della formazione, nelle forme previste dalla legge la Carta elettronica, il beneficio economico annuo di cui all’art. 1, comma 121, della legge n. 107 del 2015.

Secondo la Cassazione pertanto il dipendente che non è più inserito nelle graduatorie di istituto o provinciali per le supplenze può rivendicare solo il risarcimento del danno, causato dal mancato godimento della somma di denaro corrispondente al valore della Carta Docenti maturata negli anni di insegnamento, in conseguenza di un illegittimo comportamento del Ministero dell’Istruzione e del Merito, ossia il risarcimento per equivalente, in ragione della protratta violazione dell’obbligo formativo e del divieto di discriminazione sussistenti in capo al Ministero.

Per quanto concerne la dimostrazione del danno e i criteri di liquidazione dello stesso la Cassazione precisa che il docente non è tenuto a provare l’effettivo esborso di somme di denaro ai fini della formazione, in quanto il danno può essere provato in via presuntiva e liquidato in via equitativa, sulla base delle circostanze del caso concreto ed in primis l’anzianità di servizio.

 Del resto, diversamente opinando si giungerebbe con il ledere ulteriormente la posizione del docente precario che, oltre a non aver ottenuto la Carta Docenti nei tempi previsti per i docenti a tempo indeterminato, si vedrebbe costretto ad investire in autonomia sulla formazione, senza avere alcuna certezza di ottenere il rimborso delle somme investite nella formazione.

SULLA INSUSSISTENZA DI UN ONERE DI PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA E SULLA INAPPLICABILITÀ DEL TERMINE DI DECADENZA BIENNALE

La Cassazione ha altresì confermato che non è configurabile alcun onere di presentazione della domanda di assegnazione della carta elettronica, in quanto la registrazione sulla piattaforma web, richiesta dall’art. 5 del DPCM. del 28.11.2016, sulla base di un’autenticazione, attraverso il Sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese, costituisce una modalità che condiziona in concreto l’esercizio del diritto, ma non rappresenta una regola che oneri di una qualche formale istanza.

Tale punto di partenza implica che il mancato utilizzo delle somme non accreditate entro il termine di due anni non determina la decadenza del diritto, considerato che alla stessa ha dato causa l’Amministrazione debitrice e che la necessità di utilizzare le somme entro il biennio, prevista dall’art. 3 del D.P.C.M. del 23 settembre 2015 e dall’art. 6 del d.P.C.M. del 28.06.2016, si riferisce al caso fisiologico in cui il bonus venga accreditato nel corso dell’anno scolastico, per cui riguarda unicamente i docenti ai quali è stata regolarmente attribuita la carta, con il tempestivo accreditamento delle somme.

La Cassazione chiarisce sul punto come la presunzione di perdita di interesse da parte del docente all’ottenimento del bonus formativo è astrattamente configurabile solo in relazione al docente che non abbia esercitato il diritto riconosciuto, spendendo le somme versate sulla carta nell’anno in corso o in quello immediatamente successivo, nonostante la regolare attribuzione dei fondi. Di converso, nel caso in cui la provvista non venga prontamente accreditata al dipendente, come accade in relazione ai docenti a termine a cui non è consentita la registrazione nella piattaforma informatica, la mancata utilizzazione dei fondi entro tali limiti di tempo, non può determinare la perdita del credito, non potendo la stessa operare per fatto del creditore.

In altri temini, considerato che il sistema informatico predisposto dal MIM. blocca automaticamente il tentativo di registrazione degli insegnanti precari, poiché non contemplati dal legislatore tra i beneficiari della carta docente, non può configurarsi una sopravvenuta impossibilità della prestazione per fatto del creditore, poiché il limite temporale biennale, entro il quale va effettuata la registrazione sul sito web e l’emissione dei buoni di acquisto, alla luce del brocardo nemo auditur propriam turpitudinem allegans, può decorrere solo per chi possa godere del diritto e non per chi ne sia stato privato.

SULLA DURATA DELLA PRESCRIZIONE E SULL’INDIVIDUAZIONE DEL DIES A QUO AI FINI DELLA PRESCRIZIONE

Dalla natura pecuniaria a scopo vincolato del bonus di 500 euro consegue, secondo la Cassazione, che il diritto all’adempimento dell’obbligazione formativa attraverso la consegna della Carta Elettronica e l’accredito sulla stessa della somma di 500 euro, per ciascun anno scolastico, è esercitabile entro il termine di prescrizione di 5 anni e finché il docente è inserito nel sistema scolastico, determinando la definitiva cessazione del rapporto il venir meno dell’interesse formativo a cui essa è funzionale e l’impossibilità di assegnare la Carta, mentre la domanda di risarcimento dei danni  è azionabile entro l’ordinario termine di prescrizione di 10 anni.

Per quanto concerne poi il dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale dell’azione di adempimento la Cassazione sottolinea come lo stesso, in base all’art. 2935 del cod. civ., vada individuato nella data di possibile accesso alla registrazione telematica.

Considerato pertanto che l’art. 5, comma 2, del DPCM del 28 novembre 2016 prevede che per l’a.s. 2016/2017, la registrazione dei soggetti beneficiari sull’applicazione web dedicata è consentita dal 30 novembre 2016, mentre per l’a.s. 2017/18 dal 1° settembre, il termine di prescrizione quinquennale inizia a decorrere, ex art. 2935 del cc., rispettivamente dal 30 novembre 2016 e dal 1° settembre 2017.

La prescrizione del diritto al risarcimento dei danni inizia invece a decorrere dalla data di definitiva cessazione del rapporto, in quanto solo in quel momento il danno per perdita del bonus di 500 euro diviene attuale,

CONSIDERAZIONI A MARGINE DELLA PRONUNCIA

Da quanto riportato nei precedenti paragrafi emerge come la Cassazione con la decisione in commento sia riuscita a fare chiarezza, in tempi rapidissimi, su una molteplicità di questioni di estrema complessità, dalla necessità di richiedere l’adempimento in forma specifica, per l’attribuzione della Carta Docente, al riconoscimento della natura pecuniaria e vincolata del credito, con conseguente applicazione del termine quinquennale di prescrizione e della rivalutazione monetaria sull’importo tardivamente riconosciuto, dall’irrilevanza dell’omessa presentazione di una domanda di attribuzione della carta, dell’attualità del servizio e del termine biennale di fruizione della carta, alla possibilità di ottenere solo il risarcimento dei danni, liquidabile anche in via equitativa, in caso di definitiva cessazione dal servizio di ruolo o di cancellazione dalle graduatorie per le supplenze.

       Attesa l’irrilevanza delle questioni inerenti alla possibilità di attribuire la carta anche ai docenti precari a tempo parziale o con supplenze brevi, si ritiene pienamente condivisibile anche la scelta della Cassazione di non sciogliere il nodo della durata minima della supplenza o della prestazione oraria, pur fornendo ai Giudici di merito se non allo stesso legislatore, attesa la necessità di modificare sul punto i regolamenti attuativi [20], il possibile criterio risolutivo della riparametrazione della somma sulla base dell’orario lavorativo e della durata del rapporto.

       La sentenza ha infine l’indubbio pregio di avere fornito un criterio di sicuro giudizio sull’impossibilità di applicare retroattivamente il requisito della «supplenza annuale su posto vacante e disponibile», introdotto dall’art. 15 del sopravvenuto DL. n. 69/2023, posto che non vi è alcuna ragione per limitare la concessione della carta ai soli supplenti annuali, atteso che il servizio prestato con le supplenze di minor durata ha sempre la stessa natura e il docente deve essere dotato dei mezzi economici necessari per assicurare un insegnamento qualitativamente elevato, a prescindere dalla durata dell’incarico a termine.

L’articolo 15 del DL. n. 69/2023, laddove concede la carta elettronica ai soli precari con supplenze annuali si pone dunque in stridente contrasto con le clausole 4 e 6 dell’accordo quadro del 18.03.1999 sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 1999/70, oltre che con il diritto fondamentale alla formazione, sancito dall’art. 14 della CDFUE, e con i principi di parità di trattamento e divieto di discriminazione, sanciti agli articoli 20 e 21 della Carta, che richiedono un trattamento identico e prevedibile a tutti i dipendenti che si trovano nella medesima situazione.

In buona sostanza il DL. n. 69/23, «Da un lato, dichiarando di adeguarsi al diritto dell’Unione riconosce espressamente l’inadeguatezza, la illegittimità, della precedente normativa limitatrice del diritto oggetto di controversia, il diritto alla Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado di cui all’articolo 1, comma 121, primo periodo, della legge 13 luglio 2015, n. 107, e in tal senso contribuisce a corroborare l’orientamento giurisprudenziale fino ad oggi adottato anche dal Tribunale di Siena. Dall’altro, escludendo il diritto per gli anni antecedenti al 2023, e continuando ad escludere dal diritto formativo i docenti con contratto fino al termine delle attività didattiche e, a nostro giudizio, anche i docenti titolari di supplenza breve e saltuaria, non elimina quella disparità di trattamento contestata al nostro Paese dalla Commissione Europea, tra il personale di ruolo ed il personale precario.» [21]

       Così stando le cose, si deve concludere che la nuova norma, perpetuando la situazione discriminatoria già accertata dalla CGUE., non potrà essere applicata neppure per il futuro, poiché «qualsiasi misura volta ad eliminare una discriminazione contraria al diritto dell’Unione, ivi compresi i provvedimenti individuali relativi alla concessione alle persone appartenenti alla categoria sfavorita degli stessi vantaggi di cui beneficiano le persone della categoria privilegiata, costituisce un’attuazione di tale diritto, che deve essere conforme ai requisiti di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 7 ottobre 2019, Safeway, C‑171/18, punto 37).  81- Tra tali esigenze rientrano quelle derivanti dal principio generale della parità di trattamento sancito dall’articolo 20 della Carta e dal principio della certezza del diritto» [22].

* Avvocato del Foro di Vicenza, Presidente Comitato Scientifico Sidels

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[1] Così: CGUE sentenza del 14 settembre 2023, causaC‑113/22, CX. c. Instituto Nacional de la Seguridad Social, §41, e in termini: CGUE. sentenza 26 gennaio 1999, causa C‑18/95, Terhoeve, sentenza del 28 gennaio 2015, ÖBB Personenverkehr, C‑417/13, sentenza 14 marzo 2018, in causa C-482/2016, Stollwitzer.

[2] Così l’articolo 514 del decreto legislativo n. 297/94.

[3] Cfr. l’art. 2 del d.P.C.M. del 23 settembre 2015 e l’art. 3 del DPCM. del 28 novembre 2016.

[4] L’art. 3 del d.P.C.M. 28.11.2016 prevede infatti che “La Carta è assegnata ai docenti … a tempo parziale, compresi i docenti che sono in periodo di formazione e prova”, i quali in base alla L. n. 107/15 è sufficiente lavorino per almeno 180 giorni, ridotti fino al 50% ai sensi dell’art. 39, comma 4, del CCNL e dell’art. 4.1 dell’OM 55/1998 docente di ruolo in part time verticale.

[5] Sul punto il Consiglio di Stato aveva infatti rimarcato come «la Carta stessa è erogata ai docenti part-time (il cui impegno didattico ben può, in ipotesi, essere più limitato di quello dei docenti a tempo determinato) e persino ai docenti di ruolo in prova, i quali potrebbero non superare il periodo di prova e, così, non conseguire la stabilità del rapporto. E l’irragionevolezza della soluzione seguita dalla P.A. emerge ancora più chiaramente dalla lettura del d.P.C.M. del 28 novembre 2016 … il quale, all’art. 3, individua tra i beneficiari della Carta anche “i docenti in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altrimenti utilizzati”: di tal ché, a seguire l’opzione della P.A., vi sarebbero dei docenti che beneficerebbero dello strumento pur senza essere impegnati, al momento, nell’attività didattica, mentre altri docenti, pur svolgendo diversamente dai primi l’attività didattica, non beneficerebbero della Carta e, quindi, sarebbero privati di un ausilio per il loro aggiornamento e la loro formazione professionale» (così: Cons. Stato, Sez. VII, n. 1842 del 2022).

[6] A ben vedere, in realtà tale equiparazione non valeva solo ai fini della ricostruzione della carriera in quanto non era direttamente contemplata nell’art. 489, bensì nell’art. 11, comma 14, della Legge n. 124/99, a cui detto articolo rinvia, il quale, in seguito alle modifiche introdotte (per il futuro) dal DL. n. 69/2023, prevede che «14. Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 489 del testo unico in materia di riconoscimento del servizio preruolo, ai soli fini della partecipazione a procedure selettive il servizio di insegnamento non di ruolo prestato a decorrere dall’anno scolastico 1974-1975 è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale».

[7] Così: Cons. Stato, Sez. VII, n. 1842 del 2022, che sottolinea inoltre come «il diritto-dovere di formazione professionale e aggiornamento grava su tutto il personale docente e non solo su un’aliquota di esso: dunque, non è corretto ritenere – come fa la sentenza appellata – che l’erogazione della Carta vada a compensare la maggiore gravosità dello sforzo richiesto ai docenti di ruolo in chiave di aggiornamento e formazione, poiché un analogo sforzo non può che essere richiesto anche ai docenti non di ruolo, a pena, in caso contrario, di creare un sistema “a doppio binario”, non in grado di assicurare la complessiva qualità dell’insegnamento.»

[8] Così: Cass. sez. un., 20/07/2022, n. 22726, e in termini, fra le tanteCass. sez. lav., 16/12/2019, n. 33138, Cass. sez. lav., 16/12/2019, n.33139, Cass. sez. lav., 16/12/2019, n. 33140, Cass. sez. lav., 27/12/2019, n. 34546, e Cass. sez. VI, 06/10/2021, n. 27022, per cui “non possono essere esclusi dalla comparazione i supplenti temporanei perché la pretesa differenza qualitativa e quantitativa della prestazione, … non appare conciliabile … con la scelta del legislatore nazionale di riconoscere integralmente l’anzianità maturata nei primi quattro anni di esercizio dell’attività … nel periodo in cui, per le peculiarità del sistema di reclutamento dei supplenti, che acquisiscono punteggi in ragione del servizio prestato, solitamente si collocano più le supplenze temporanee, che quelle annuali”.

[9] Così: Cass. sez. lav., 27/07/2018 n. 20015, successivamente confermata Cass. sez. lav., ordinanza n. 6293/2020,  che richiamando esplicitamente la giurisprudenza della CGE, ha ribadito come “l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare a lavoratore a tempo determinato ‘condizioni di impiego’ che non siano men favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato ‘comparabile’, sussiste, quindi, a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto, giacché detto obbligo è attuazione, nell’ambito della disciplina del rapporto a termine, del principio della parità di trattamento e del divieto di discriminazione che costituiscono ‘norme di diritto sociale dell’Unione di particolare importanza, di cui ogni lavoratore deve usufruire in quanto prescrizioni minime di tutela’ (Corte di Giustizia 9.7.2015, causa C- 177/14, Regojo Dans, punto 32)”.

[10] V. CG. 3 luglio 1974, Casagrande, C- 9/74, e CG. 15 marzo 1989, Echternach e Moritz, C- 389/87 e 390/87.

[11] Così: CGUE. Milkova del 9 marzo 2017, C-406/15, punti 55 e ss.

[12] Così: CGUE sent. del 20 marzo 2003, Kutz-Bauer C‑187/00, §§ 59 e 60, che sottolinea come, «sebbene considerazioni di bilancio possano costituire il fondamento delle scelte di politica sociale di uno Stato membro e possano influenzare la natura ovvero la portata dei provvedimenti di tutela sociale che esso intende adottare, esse non costituiscono tuttavia, di per sé, un obiettivo perseguito da tale politica e non possono, pertanto, giustificare una discriminazione».

[13] Così: Corte Cost., sent. 6 marzo 2023, n. 35.

[14] Così: CGUE 26 luglio 2017, Persidera C-112/16, punto 46, e, in senso conforme, CGUE sentenza 22 dicembre 2010, Gavieiro e Iglesias Torres, C- 444 e 456 del 2009, punto 41, CGUE Cresco Investigation del 22 gennaio 2019, C-193/17.

[15] Così: Tribunale di Genova Sentenza n. 17/2023.

[16] Così: Cons. Stato, Sez. VII, n. 1842/2022, che sottolinea la «necessità di garantire la qualità dell’insegnamento».

[17] Così, ex multis, Tribunale di Palermo 25/05/2023, n.1828, est. Dr. Campo, e, in senso conforme, Tribunale di Milano n. 2290 del 6 ottobre 2022, est. Porcelli, Tribunale di Cosenza sent. n. 1788 del 9 novembre 2022, est. Dr. Lo Feudo, Tribunale di Ravenna sent. n. 209 dell’11 novembre, est. Dr. Bernardi, e Tribunale di Lanciano sent. n. 235 del 14 novembre 2022, est. Dr. Di Stefano.

[18] Cfr. sul punto: e Cass. Sez. Lav., 24 novembre 2015, n. 23948, Cass. Sez. Lav., 2 dicembre 2015, n. 24532, Cass. Sez. Lav.,  22 dicembre 2016, Cass. Sez. Lav., 24 ottobre 2016, n. 21376, Cass. Sez. Lav., 19 ottobre 2016, n. 21207, Cass. Sez. Lav., 29 aprile 2016, n. 8565 del 2016, Cass. Sez. Lav.,  27 febbraio 2017, n. 4968, Cass. Sez. Lav., 6 luglio 2017, n. 16677, Cass. Sez. Lav., 10.04.2018, n. 8772, e Cass. Sez. Lav., 31/05/2019, n. 18709.

[19] Cfr. in tal senso Trib. di Bologna d. 93/2020 e Trib. di Ferrara Sent. n. 110/2019

[20] L’art. 8 del d.P.C.M. del 23 settembre 2015 dispone infatti che “Nel caso in cui l’effettiva presa di servizio avvenga ad anno scolastico iniziato, le risorse sono comunque assegnate per intero” al docente di ruolo, lasciando così intendere la non frazionabilità dell’importo di 500 euro.

[21] Così: Tribunale di Siena n. 400/23.

[22] Così: CGUE. sentenza 20 aprile 2023, in causa C‑650/21, FW e CE,  §80.